Scontro, seppur indiretto, tra animalisti e scienziati in tema di esperimenti su animali per individuare le sostanze d’abuso. Se da una parte la Lav scende in piazza per promuovere una petizione rivolta al ministro della Salute contro i test su animali, dall’altra i ricercatori associati a Research4Life lanciano un allarme sul rischio di blocco della ricerca su fumo, alcol e droghe, se il governo lascerà scadere la moratoria sugli articoli del decreto legislativo 2/2014 che recepisce la direttiva europea sulla sperimentazione animale.
LA LAV IN CENTINAIA DI PIAZZE CON UNA PETIZIONE
Con lo slogan “Aiutali a uscirne”, la Lav scende in centinaia di piazze italiane con una petizione nazionale rivolta al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, per mettere fine ai test delle sostanze di abuso condotti sugli animali. “In Italia, le sostanze d’abuso vengono ancora testate su topi e ratti, quasi sempre senza anestesia. All’estero gli studi sulle droghe sono condotti anche sulle scimmie – spiega l’associazione animalista -. Con la nostra petizione chiediamo il divieto definitivo di questi test crudeli e scientificamente infondati: una importante battaglia, fondata sul rispetto del decreto legislativo 26/2014 che recepisce la direttiva europea 63/2010. Questo decreto, infatti, prevede che dal 1 gennaio 2017 venga totalmente proibito l’uso di animali per effettuare i test sulle sostanze d’abuso e anche per gli xenotrapianti, trapianti tra specie diverse in cui vengono utilizzati organi o tessuti di suini e primati. Il decreto rappresenta un grande risultato, che tuttavia rischia di essere vanificato, qualora il suo contenuto non venga recepito dal Governo italiano: una possibilità concreta, da scongiurare con l’aiuto dei nostri soci e di tutti i cittadini che considerano il rispetto di tutti i viventi un tratto fondamentale delle società civili”.
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L’ALLARME DEI RICERCATORI
Per Research4Life, associazione fra alcuni protagonisti della ricerca biomedica italiana, dal 2017 “se non potremo più utilizzare gli animali (come prescrive la legge italiana, ndr), non potremo più continuare a occuparci del problema delle sostanze d’abuso”, spiega Gaetano Di Chiara, neurofarmacologo dell’Università di Cagliari. “Proprio in un momento in cui la minaccia è più forte, grazie alla facilità di accesso fornita da internet”. Sempre secondo Di Chiara, “se la moratoria finirà senza modifiche sostanziali al testo della legge, i ricercatori italiani non potranno più lavorare in questo campo, né da soli, né in collaborazione con le équipe straniere. In questa situazione di incertezza la partecipazione degli scienziati italiani ai bandi internazionali in tutti i campi che richiedono l’uso degli animali da laboratorio è già in pericolo. È ovvio che i fondi vengano assegnati con più esitazioni a chi, indipendentemente dal merito scientifico, si sa già a priori che troverà ostacoli pratici o burocratici nello svolgimento del suo lavoro”. In questo campo, secondo lo scienziato, i modelli animali non possono essere sostituiti da metodi alternativi: se la ricerca è su effetti sconosciuti, è impossibile usare colture di cellule o tessuti. “Il cervello, poi – spiega Di Chiara – , è ancora un territorio largamente inesplorato”.