Dal granchio blu, allo scoiattolo grigio, dal punteruolo rosso all’albero del paradiso: negli ultimi 60 anni, l’Europa ha speso circa 1.584 miliardi di dollari per combattere le specie invasive o per far fronte ai danni causati a biodiversità, agricoltura e altre attività economiche. E’ la regione che presenta il conto di gran lunga più salato, seguita dal Nord America, che ha speso 226 miliardi di dollari e dall’l’Asia (182). Sono le stime presentata nello studio pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution, guidato dall’Università della Boemia Meridionale a České Budějovice, nella Repubblica Ceca, e dalla McGill University canadese. I dati indicno che la spesa sostenuta a livello globale è stata finora sottostimata di oltre il 1.600%, e ciò evidenzia l’urgente necessità di strategie e politiche di gestione specifiche a livello regionale.
IL COSTO GLOBALE E’ DI 35 MILIARDI ALL’ANNO, COME I FENOMENI METEO ESTREMI
I ricercatori guidati da Ismael Soto dell’Ateneo ceco e Brian Leung di quello canadese hanno raccolto dati relativi a 162 specie invasive, cioè quelle non originarie dell’habitat in cui si trovano e che entrano in contrasto con le specie locali. Per fornire una rappresentazione più accurata dei costi su scala globale, hanno poi combinato i costi stimati a livello nazionale per ciascuna di queste specie con modelli elaborati al computer che illustrano la loro distribuzione nel mondo. I costi globali sono stati stimati in circa 35 miliardi di dollari all’anno negli ultimi 60 anni, 2.100 miliardi complessivamente: una cifra simile a quella degli eventi meteorologici estremi attribuibili al cambiamento climatico. Le specie che generano il costo più alto, con oltre 926 miliardi in 60 anni, sono le piante: come l’albero del paradiso, o ailanto, ormai diffusissimo in Italia per la sua grande capacità di adattamento anche in terreni incolti o degradati. Seguono gli artropodi con 830 e i mammiferi con più di 263 miliardi. (Ansa)
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