Il Gruppo allevatori cinofili (Gac), già operativo da qualche mese, si è strutturato diventando “la prima associazione di categoria dedicata al settore dei circa 9mila allevatori italiani di cani di razza, attualmente suddivisi in tre categorie: occasionali, amatoriali (che insieme costituiscono quasi l’80%) e professionali”. Lo rende noto il Gac con un comunicato precisando che l’assemblea costitutiva, con approvazione dello Statuto e la ratifica di un primo organigramma operativo, si è tenuta in modalità online. Il Gac, si ricorda nella nota, “era nato all’indomani della prima inchiesta di Report (RaiTre), che aveva denunciato una serie di anomalie nella gestione del settore cinofilo in Italia, con l’obiettivo di difendere l’immagine dei tanti allevatori etici in Italia, una filiera che pur vantando ampi riconoscimenti a livello internazionale per qualità e serietà, da anni lamentava una scarsa attenzione da parte del legislatore pur contribuendo in modo determinante alla valorizzazione del Libro genealogico nazionale del cane di razza, che è di fatto un bene pubblico”. Il consiglio direttivo della nuova associazione, che resterà in carica 6 mesi per avviare le prime attività urgenti e la campagna di adesioni, è così composto: Attilio Presta (presidente), Giancarlo Graziosi (vice presidente e addetto stampa), Matteo Puricelli (segretario), Pamela Marelli (tesoriere), Andrea Masillo.
NUOVI MODELLI DI ALLEVAMENTO CHE RISPETTINO IL BENESSERE ANIMALE E SUPERINO IL MODELLO CANILE
Scopo dell’associazione di categoria, spiega il Gac, “sarà fornire un supporto tecnico qualificato alle istituzioni in qualità di stakeholders e agli allevatori per aiutarli, in vista dell’applicazione di una serie di direttive e Regolamenti a livello europeo” in una “giungla dove le autorizzazioni amministrative, in mancanza di una norma generale adeguata, sono diverse e spesso contrastanti non solo all’interno di una stessa regione ma addirittura tra comuni limitrofi”. “La cinotecnica, di competenza del Masaf – sottolinea il Gac – fino ad oggi è stata ingessata da una vecchia legge (la n.349 del 1993) e da anni gli operatori chiedono una legge-quadro al passo con i tempi e che normi l’intero settore in maniera coerente con lo sviluppo e i cambiamenti avvenuti in questi anni. Una normativa, soprattutto, che consideri nuovi modelli di allevamento più moderni, che rispettino davvero il benessere animale ed escano dalla attuale e superata concezione del modello Canile”. Il presidente protempore dell’associazione e allevatore Attilio Presta spiega che “intendiamo dare piena voce agli interessi e alle aspettative del mondo allevatoriale nella sua interezza per evitare quanto è già accaduto con la predisposizione del Regolamento Sinac, contestato da tutti gli addetti proprio perché scritto senza competenze specifiche. In tutta Europa le normative vengono concepite sentendo prima i portatori di interesse, gli stakeholders appunto. Solo in Italia funziona che tutto avviene in assoluta segretezza, fino alla definitiva promulgazione”.
Su 24zampe: Legambiente, il ddl del governo sulla caccia “è un testo inaccettabile”