La tigre non ha avversari nella caccia alle prede, eccetto l’uomo. E in prossimità della quinta Giornata Mondiale della Tigre indetta per il domani mercoledì 29 luglio, si fa la conta dei danni. Unico responsabile del declino della specie, nell’arco di cento anni l’uomo ha causato l’estinzione di tre delle nove sottospecie di Tigre e ne ha ridotto il numero dalle 100mila di allora alle 3mila del 2014.
La continua domanda di pelli, ossa e altre parti del corpo, insieme alla distruttiva sottrazione dell’habitat forestale, hanno confinato il leggendario felino in zone isolate del Sud e del Sudest asiatico, della Cina e dell’estremo Est della Russia. “Avanti con questo trend – ricorda Cesare Avesani Zaborra, direttore scientifico del Parco Natura Viva di Bussolengo e presidente dell’Unione Italiana Zoo e Acquari (Uiza) – le ultime sette sottospecie di Tigre ancora in natura si estingueranno nei prossimi cinque anni e il loro patrimonio genetico sarà perduto”.
NUMERI-SHOCK PER LE TIGRI DEL BENGALA
Nel 2004 la popolazione di tigri del Bengala nella Sundarban, la più grande foresta di mangrovie del mondo e un eccezionale ecosistema iscritto nel patrimonio mondiale dall’Unesco, tra India e Bangladesh, era stata valutata in 440 esemplari. Ma uno studio reso noto ieri in Bangladesh stima “i grandi felini in numero non superiore a un centinaio”, secondo Tapan Kumar Dey, responsabile governativo per la protezione della fauna e della flora. Lo scarto si spiega in parte con il metodo: invece di ricorrere al rilevamento delle impronte gli scienziati hanno utilizzato questa volta apparecchi fotografici muniti di sensori di movimento e dopo un anno di osservazione hanno contato fra 83 e 130 tigri. Altre 74 sarebbero state calcolate nella parte indiana della foresta.
LA TUTELA AL PARCO NATURA VIVA
Il Parco Natura Viva rivendica il ruolo fondamentale che svolgono i parchi zoologici d’Europa e del mondo per la tutela della tigre. “In Europa – riferisce Zaborra – contiamo più di 500 tigri ospitate negli zoo, che vengono monitorate costantemente dai programmi di conservazione ex situ (fuori dall’habitat naturale) per controllarne la riproduzione e mantenerne la diversità genetica”. “I nostri Amka e Luva, giovani tigri dell’Amur di 9 e 3 anni, – racconta – sono inseriti in un database internazionale che profila ogni esemplare e lo assegna alla struttura che risponde alle condizioni migliori non solo in funzione del maggior successo riproduttivo, ma anche delle garanzie di benessere psico-fisico che offre”.
E mentre per alcune specie questo processo costituisce l’anticamera della reintroduzione in natura, per molte altre come la tigre, non esiste ancora un programma di reintroduzione scientifico. “Purtroppo – conclude Zaborra – siamo ancora lontani dall’eliminare le cause che stanno provocando l’estinzione della tigre, e sarebbe un delitto allevare esemplari per poi destinarli alla vita selvaggia dove non hanno ancora le condizioni per sopravvivere”.
SOPRAVVIVENZA DELLA SPECIE A RISCHIO
In India è ospitata la più numerosa popolazione di tigri del Bengala, con 2.226 esemplari recensiti. Tra Bangladesh, Nepal, Bhutan, Cina e Birmania vive il resto delle tigri selvagge. Per Monirul Khan, zoologo dell’università Jahangirnagar del Bangladesh e grande esperto di tigri, le conclusioni dell’inchiesta bengalese confermano i suoi più foschi timori quanto alla sopravvivenza della specie. “Sembra che la popolazione sia diminuita più rapidamente di quanto si prevedesse”, ha commentato, denunciando il bracconaggio e la distruzione del loro habitat naturale. La tigre del Bengala è classificata fra le specie minacciate dall’Unione mondiale per la Conservazione della Natura (Iucn).