Rapporto Legambiente: Comuni e Asl spendono 250 mln €/anno per animali in città – Le reazioni

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Per le politiche relative agli animali d’affezione e, in generale, per la migliore convivenza in città con animali padronali e selvatici, le amministrazioni comunali e aziende sanitarie locali spendono 248.654.053,08 euro. E’ quanto emerge da “Animali in citta’” di Legambiente, il V rapporto, patrocinato dall’Anci, che raccoglie ed elabora i dati forniti dalle amministrazioni comunali capoluogo di provincia e dalle aziende sanitarie locali. Una cifra che, secondo Legambiente, “non basta ne’ a risolvere problemi annosi come quello del randagismo, ne’ a garantire campagne utili alla corretta gestione degli animali da compagnia”. Nel nostro paese, il randagismo rimane poi un fenomeno grave e in alcune regioni persistente, l’anagrafe canina viene utilizzata solo dai più responsabili e mancano controlli e adeguate campagne di sterilizzazione degli animali, la spesa pubblica per le amministrazioni comunali e le aziende sanitarie locali è sproporzionata ma non basta a risolvere i problemi. Non solo: chi adotta consapevolmente un animale, affronta anche divieti normativi, difficoltà negli spostamenti e costi sostenuti. Al questionario di Legambiente hanno risposto ben 91 amministrazioni comunali capoluogo di provincia, l’82,7% del campione e 73 aziende sanitarie locali, ossia il 49% delle 149 Aziende sanitarie del campione contattato. Dal rapporto emerge che viene sterilizzato un cane ogni 5 che arrivano nei canili e un gatto ogni 8 nelle colonie; i cani regolarmente registrati nell’anagrafe sono 7.715.817, pari a un cane ogni 9 cittadini, ma con enormi differenze tra le varie città: se a Terni risultano essere uno ogni 3,5 abitanti, Avellino ne conta uno ogni 722 cittadini. Stessa situazione per i gatti nelle colonie: uno ogni 12,5 abitanti nel comune di Arezzo mentre ad Asti diventano uno ogni 1.913 abitanti. Buona invece la capacità di riallocare i cani che finiscono nei canili: la situazione è al top a Bolzano e Lucca e per le aziende sanitarie di Frosinone e Ancona dove per ogni nuovo ingresso trovano felice sistemazione due esemplari. Maglia nera invece a Trapani, dove ogni 30 nuovi ingressi si riesce a sistemare un solo esemplare. Quasi tutte le Asl dicono di intervenire contro il maltrattamento degli animali (86,3%) e quasi tutte di aver fornito lettori microchip al proprio personale (95,89%). Ma conti alla mano vengono fatti pochi controlli, le multe non si fanno e il recupero delle spese è scarso: si passa dall’Asl Milano 1 che recupera 562,2 euro a controllo alla Usl Modena con soli 0,35 euro a controllo. Se a Potenza c’è un controllo all’anno ogni 21 cittadini e a Terni uno ogni 45, a Novara ce n’è uno ogni 21.000 abitanti, mentre la Asl Milano 1 dichiara di farne uno ogni 95mila abitanti.
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LE REAZIONI
MARCO MELOSI PRESIDENTE ANMVI – MEDICI VETERINARI ITALIANI

Per Marco Melosi, presidente Anmvi, “la salute animale è un diritto-dovere non ancora consolidato, la Legge 281 è superata e la Veterinaria va messa al centro di nuove strategie di intervento. Su possesso responsabile e controllo della popolazione animale Regioni e Comuni vanno in ordine sparso. Spiega Melosi: “La crescente presenza di animali in città, volendoci soffermare su quelli da compagnia (anche non tradizionali), è il risultato di un profondo mutamento della sensibilità sociale. Sul cane e sul gatto di casa, il proprietario e i suoi familiari fanno un grande investimento affettivo, quando non esistenziale, secondo una tendenza recente vistosamente e rapidamente affermatasi negli ultimi 25-30 anni, puntualmente monitorata dai Rapporti di Legambiente. In questo arco di tempo – mentre la medicina veterinaria ha compiuto i più importanti progressi scientifici in prevenzione, diagnostica, clinica e terapia- il legislatore non ha assecondato con lo stesso ritmo né con il medesimo sentire questa trasformazione culturale. Ne consegue una normativa, nel complesso inadeguata, che non afferma in positivo il diritto dovere alla salute degli animali, quindi alle cure veterinarie”. I nodi segnalati da Anmvi sono 1. FISCO PESANTE: i politici “amanti degli animali” in concreto non hanno fatto alcun convinto intervento di defiscalizzazione delle cure veterinarie. Cosicchè “l’essere senziente del citatissimo Trattato di Lisbona è in realtà un contribuente a cui il Fisco nazionale chiede di versare l’IVA più alta della storia (il 22%) e al quale si nega una detraibilità fiscale che si dica adeguata al costo della vita”. 2 NORMATIVA INADEGUATA: il Codice della strada lascia soli cittadino e veterinario di fronte all’obbligo di soccorrere l’animale investito e poi la legge 281 sul Randagismo “arcaica, superata e pure fallita, dove non ha messo al centro la figura del Medico Veterinario e le strutture veterinarie private”. 3. FRAMMENTAZIONE NORMATIVA: troppe ordinanze e ad accordi Stato Regioni che hanno determinato una frammentazione pulviscolare delle direttive centrali e spesso causato inerzie amministrative inefficienze e sprechi, come sulle anagrafi. 4 SANITA’: gli animali in città, siano di proprietà o siano randagi, sono una questione prioritariamente sanitaria non scaricabile sul volontariato e sullo spontaneismo. 5/6. INCURANZA E INCOMPETENZA AMMINISTRATIVA.

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ERMETE REALACCI, PRES. COMMISSIONE AMBIENTE CAMERA

«In Italia abbiamo un cane regolarmente registrato ogni 9 cittadini, sui quasi 250 milioni di spesa pubblica di settore, o ancora le performance troppo spesso non sufficienti di comuni e Asl contro randagismo e sofferenza dei nostri amici a quattro zampe. Di fronte a politiche e servizi troppo disomogenei sui territori, alla mancanza di una strategia nazionale, alla carenza di informazione e di controlli, c’è ancora molto da fare per migliorare l’azione contro randagismo e abbandoni, per il benessere dei nostri animali da compagnia e non solo”. Lo afferma Ermete Realacci, in occasione della presentazione del V Rapporto nazionale Animali in Città di Legambiente. L’associazione, aggiunge Realacci, «formula proposte precise. Il confronto e il dialogo fra le associazioni dei cittadini, le professioni, i Comuni e le Regioni, insieme all’esempio che arriva dalle esperienze positive già diffuse nel Paese, sono la strada giusta da percorrere per spostare in avanti l’asticella della convivenza civile nel nostro Paese. Tanto più che il nostro rapporto con gli animali è anche una buona misura del tasso di civiltà della società, il tratto di un nuovo umanesimo di cui c’è molto bisogno». «Il Parlamento ha dato recentemente un segnale chiaro varando, nell’ambito del Collegato ambientale, il divieto di pignoramento degli animali da compagnia. Un’assurdità anche dal punto di vista giuridico e amministrativo. Sono certo che, al di là della mia personale sensibilità, il Parlamento sia pronto ad esaminare ulteriori proposte in materia che venissero anche da Legambiente” conclude Realacci.