Scoperto in Giappone il caso più estremo di rigenerazione biologica: una lumaca di mare è in grado di far crescere un corpo completamente nuovo quando la testa viene tagliata. Gli scienziati l’hanno notato per caso e poi l’hanno replicato in laboratorio. La scoperta della ricercatrice di biologia Sayaka Mitoh, pubblicata su Current Biology, potrebbe aiutare la medicina a lavorare sulla ricrescita dei tessuti umani. Mitoh, scrive Ap, “ama studiare le lumache di mare giapponesi perché sono piccole, strane ma carine” e possono fare “una breve fotosintesi, come una pianta che trae nutrimento dal sole”. Un giorno in laboratorio la ricercatrice nota qualcosa di bizzarro: una lumaca di mare si era decapitata e la testa continuava a muoversi e vivere. Allora, con il professor Yoichi Yusa della Nara Women’s University, decidono di decapitare 16 lumache di mare. Sei creature si rigenerano, tre sopravvivono. Una addirittura lo fa per due volte. La “rinascita” riguarda lumache di due diverse specie, una delle quali arriva a 15 cm di lunghezza, e si tratta di animali più complessi dei vermi piatti o di altre specie note per rigenerarsi.
UNA FORMA DI “AUTOTOMIA” TANTO RADICALE NON ERA MAI STATA SCOPERTA
L’amputazione spontanea di alcune parti del corpo, detta “autotomia”, è nota in rettili, crostacei, insetti, miriapodi e aracnidi: è una strategia di difesa che serve a distrarre il predatore mentre la preda è libera di fuggire. L’esempio più noto è quello della coda della lucertola. “Ma questo è il caso più estremo di autotomia”, secondo Yusa. “Alcuni animali possono autotomizzare le gambe o appendici o code, ma nessun altro animale perde tutto il corpo”. In questo modo le lumache di mare giapponesi combattono i parassiti, hanno detto gli scienziati. E la loro capacità di sopravvivere dopo aver perso persino il cuore sarebbe dovuta a una dieta a base di alghe attraverso le quali riescono a fotosintetizzare i nutrimenti dalla luce solare e dall’ossigeno, proprio come una pianta, per circa 10 giorni, ha detto il professor Yusa. Secondo Nicholas Curtis, un professore di biologia all’Ave Maria University interpellato da Ap, si tratta “ovviamente di una meraviglia della natura ma la comprensione dei meccanismi molecolari sottostanti coinvolti potrebbe aiutarci a capire come le nostre cellule e tessuti possono essere utilizzati per riparare i danni”.