AGGIORNAMENTO – L’INCHIESTA DI “INDOVINA CHI VIENE A CENA” E’ SU RAIPLAY
È vero che una pandemia da coronavirus era stata prevista e che tutta la comunità scientifica si aspettava il salto di specie da un animale selvatico all’uomo come accadde con la Sars nel 2003? È vero che si ipotizzava che sarebbe successo in un “wet market”, un mercato di animali (esotici e selvatici) venduti e mangiati in Brasile o in Cina? E se davvero era prevedibile, perché i governi di tutto il mondo non hanno fatto niente per prevenirlo? A queste e altre domande in tema risponde l’inchiesta in onda stasera alle 20,30 su Rai3, prima puntata della nuova serie di “Indovina chi viene a cena”, il programma di Sabrina Giannini, che ricostruirà le epidemie degli ultimi decenni, tutte originate da zoonosi, malattie trasmesse dagli animali all’uomo. Lo “spillover”, cioè il salto di specie, è in rapido aumento negli ultimi anni a causa del traffico e consumo di animali selvatici, della deforestazione, dell’invasione delle attività umane (agricoltura e allevamento) nelle aree a ridosso delle foreste tropicali.
NEL MONDO MILIONI DI PERSONE MANGIANO ANIMALI SELVATICI
La Cina, proprio durante l’epidemia di coronavirus che ha avuto come epicentro un wet market di Wuhan, ha vietato il commercio e consumo di animali selvatici: nel paese infatti milioni di persone mangiano centinaia di specie animali non domestiche, dai pipistrelli agli scoiattoli, dai pangolini ai lupi. Ma il coronavirus, paralizzando il mondo intero – per usare le parole della Giannini -, sembra volerci ricordare “che siamo una specie indissolubilmente legata a tutte le altre”. Per il presidente di Enpa Milano, Ermanno Giudici, “non c’è dubbio che questa situazione fosse in agguato, ma la nostra specie non prevede scenari futuri: o conta i soldi oppure conta i morti. E’ davvero tempo di cambiare ragionamento, testa e di riprendere in mano il futuro da cittadini e non più da sudditi pigri e distratti”, commenta su Twitter. (nella foto animali selvatici in un wet market)
– Su 24zampe: Il coronavirus arriva dagli animali selvatici, non da un laboratorio