Peste suina in Lombardia, già abbattuti 34mila maiali

AGGIORNAMENTO DEL 15 SETTEMBRE 2023 IN CODA – I DETTAGLI DEL PIANO NAZIONALE

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POST DEL 14 SETTEMBRE 2023

Continua a rimanere al livello massimo l’attenzione della Lombardia all’emergenza Psa. L’epidemia di peste suina africana, che da Liguria e Piemonte, dove è comparsa alla fine del 2021, si sta lentamente diffondendo verso nord, fa paura al mondo dell’allevamento suino. Quasi 34mila maiali sono già stati abbattuti nella regione, tutti nel pavese. “Si stima che le perdite dell’export lombardo – ha detto oggi il presidente della Commissione Agricoltura regionale, Floriano Massardi – potrebbero arrivare a 60milioni di euro al mese se la peste suina africana si diffondesse in tutta la pianura padana. Il virus, infatti, ha un impatto economico diretto sulle aziende a causa dell’abbattimento dei suini e un impatto indiretto perché comporta l’istituzione di zone di rischio che prevedono restrizioni al movimento di suini vivi e di prodotti a base di carne di suino”. In Lombardia sono allevati circa 5 milioni di suini che rappresentano più del 50% sull’intero comparto nazionale. L’80% degli allevamenti lombardi di suini è concentrato nelle Province di Cremona e Mantova.

GOT E BIOREGOLATORI

Il Commissario straordinario contro la Psa, Vincenzo Caputo, ha presentato le linee del suo “Piano di sorveglianza ed eradicazione della Peste suina africana”. Al centro ci sono i Got e i Bioregolatori. I Got sono task force composte da una ventina di tecnici degli Assessorati della Sanità, dell’Agricoltura e dell’Ambiente, coordinati dal Commissario Straordinario, che hanno il compito di mettere in rete i servizi veterinari delle aziende sanitarie locali nella definizione delle misure di contenimento della peste suina africana. I Bioregolatori sono i soggetti abilitati al prelievo, biocontenimento e abbattimento dei cinghiali, con specifica formazione in materia di biosicurezza. Dall’elenco dei Bioregolatori possono attingere le Regioni per attività di contenimento del cinghiale, principale “veicolo” di trasmissione del virus anche attraverso le carcasse. 

DA PRELEVARE 27MILA CINGHIALI

Il Piano, che ha una durata di cinque anni (2023-2028) e che diventerà operativo il prossimo 1° ottobre, si sviluppa su cinque linee strategiche e prevede che sia adottato da ogni Regione. Per la Lombardia l’obiettivo è l’abbattimento di 27mila cinghiali entro la fine dell’anno. “La Lombardia – ha spiegato Caputo – ha fatto uno sforzo enorme negli ultimi cinque anni in termini di operazioni di prelievo e abbattimento dei cinghiali, ma occorre fare ancora di più perché l’obiettivo del Piano è l’eradicazione del cinghiale dai centri abitati e dai distretti suinicoli”. L’obiettivo, per i cinghiali (attualmente stimati in 5.201 esemplari, in forte calo rispetto al 2022 quando erano 14.663), è di 27mila prelievi entro la fine dell’anno.

GLI ABBATTIMENTI

L’area “calda” in Lombardia è nella provincia pavese , dove è stato imposto il divieto di movimentazione e macello, sono stati individuati otto focolai. Il primo, il 18 agosto, nel Comune di Montebello della Battaglia. Il 24 agosto ne sono stati individuati altri cinque nel Comune di Zinasco. A seguire uno nel Comune di Domo e uno in quello di Somma. Da questi otto focolai sono stati abbattuti 13.365 capi. In seguito a indagine epidemiologica ne sono stati abbattuti altri 7.500 in otto allevamenti: tre correlati al focolaio di Montebello della Battaglia, tre a quello di Zinasco e due a quello di Domo. A questi 20.865 capi se ne aggiungono altri 13mila abbattuti in via preventiva per interrompere la diffusione del virus per un totale di 33.865 capi. Le operazioni di abbattimento si dovrebbero concludere entro domenica 17 settembre.
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AGGIORNAMENTO DEL 15 SETTEMBRE 2023 – I DETTAGLI DEL PIANO NAZIONALE
Obiettivo minimo: prelevare circa 612mila cinghiali nel 2024, con un incremento di oltre il 96% rispetto alla media degli abbattimenti tra il 2019 e il 2021. Lo prevede il ‘Piano Straordinario di catture, abbattimento e smaltimento dei cinghiali e Azioni Strategiche per l’Elaborazione dei Piani di Eradicazione della Peste Suina Africana’. Pubblicato sul portale del ministero della Salute, il piano è stato stato notificato alle Regioni e prevede 6 azioni. “Le Regioni dovranno ora applicarlo, garantendo il raggiungimento degli obiettivi. Si sono già attivate per costituire i Got, o Gruppi operativi territoriali, che sono delegati ad applicare il piano sul territorio. Contiamo di renderli tutti operativi entro un mese”, spiega il Commissario Straordinario Vincenzo Caputo, che ha messo a punto il piano della validità quinquennale (2023-2028). La prima delle azioni strategiche è la ricerca attiva di carcasse di animali infetti e il monitoraggio epidemiologico. La seconda prevede il depopolamento dei cinghiali, che oggi sono circa un milione e mezzo, tramite cattura e abbattimento, mirando al rafforzamento della filiera delle carni di questi animali, prevedendone in alcuni casi anche la destinazione benefica. Dei 612.000 abbattimenti, 113.000 devono essere effettuati solo in Toscana, 58.000 in Piemonte, 52.000 in Emilia Romagna, 48.000 nel Lazio, 44 mila in Umbria, 43.000 in Calabria, 42.000 in Liguria, 38.000 in Campania, 27.000 in Lombardia e Basilicata, 28.000 in Abruzzo, 13.400 in Veneto, 10.500 in Molise, 9.500 in Sicilia, 9.100 in Friuli Venezia Giulia, 4.000 in Puglia, 2.000 in Valle D’Aosta, 1.500 a Trento. La terza azione è l’applicazione di misure di biosicurezza negli allevamenti dei suini per evitare il diffondersi del virus. La quarta è il posizionamento di barriere preventive nell’ottica del contenimento delle popolazioni infette a protezione di territori ad alta densità di allevamenti intensivi. Quest’azione prevede anche l’indicazione alle Regioni di dotarsi di attrezzature per la verifica della presenza dei cinghiali sul territorio, come droni, fototrappole e telecamere. Quinta azione è una corretta gestione dei rifiuti per impedire ai cinghiali selvatici di trovare fonti di sostentamento nei centri urbani e vicini agli allevamenti di suini. L’ultima prevede la messa a punto di metodi alternativi per il contenimento della specie, così da ottenere il depopolamento in maniera non cruenta. (Ansa)
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AGGIORNAMENTO DEL 19 SETTEMBRE 2023

Un controllo costante, giorno e notte, per scongiurare il rischio di un’ulteriore diffusione della peste suina africana (Psa). Da una decina di giorni sono scesi in campo anche i Carabinieri in provincia di Pavia per limitare i contagi ed evitare che il virus possa raggiungere anche allevamenti di altre province della Lombardia o di regioni confinanti. E ammonta a 33.865 il numero di capi abbattutti nei vari allevamenti. Mentre cresce la protesta degli animalisti che temono un abbattimento generalizzato che coinvolga anche animali sani. La diffusione del virus ha indotto l’Unione Europea a portare a 172 il numero dei Comuni del Pavese dove sono vietate le movimentazioni di maiali, sia in ingresso che in uscita. (Ansa)

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  • Guido Minciotti |

    Grazie Anna del suo commento. Purtroppo ho dovuto togliere i link a media esterni al gruppo del Sole 24 Ore, come prescritto dalla policy, ma il senso resta ugualmente chiaro. Grazie anche di leggere 24zampe, saluti gm

  • Anna |

    Trent’anni di caccia, e i cinghiali proliferano
    “L’uomo ha sempre cacciato i cinghiali tanto da estinguere quello
    autoctono maremmano – scrive la responsabile Avi – domandiamo: com’è che dopo 30 anni di calendario venatorio, caccia di selezione, caccia in deroga, caccia di ogni tipo, i cinghiali proliferano? Gli animali selvatici hanno meccanismi di autoregolazione secondo la legge della ‘capacità portante’ legata a spazio e cibo disponibile. Gli interventi umani, come quelli legati alla caccia, sono causa di squilibri. Uccidere animali non risolve il ‘problema’. Quelli che rimangono diventano più prolifici, o hanno maggior probabilità di raggiungere l’età adulta, cosicché in breve tempo si raggiunge lo stesso numero iniziale. Basta allevamenti, basta ripopolamenti, basta foraggiamenti”.

    I cinghiali in Italia sono stimati in circa 1 milione.
    Sparare liberamente al cinghiale in ogni periodo dell’anno significa incidere anche sulle altre specie selvatiche che vivono nelle aree boschive e che sono nel delicato periodo della riproduzione. È un rischio troppo alto per la biodiversità.
    Inoltre, è scientificamente dimostrato che i piani straordinari di abbattimento (Francia, Spagna, ecc…) non hanno sortito l’effetto desiderato, in quanto le femmine di cinghiale sottoposto a caccia hanno aumentato l’estro per anno riproducendosi con maggiore frequenza, proprio per sopperire all’abbassamento del numero del branco.
    Sarebbe molto più sensato:
    – Utilizzare le trap boarbusters (già impiegate negli USA per questi scopi). Trappole a recinto telecomandate che catturano i cinghiali in modo non cruento;
    – Somministrare vaccini immunocontraccettivi tramite dardi con utilizzo di fucili speciali che ne iniettano la dose (il costo di ogni dose è di circa 2 euro),
    il vaccino non dà controindicazioni per il cinghiale, altri animali predatori e l’essere umano. Dura fino a 6 anni.
    Dove sperimentata questa tecnica (negli USA) ha dimostrato che, in modo non cruento, non pericoloso e poco invasivo verso gli altri animali, ha ridotto l’incidenza dei cinghiali di non meno del 60% con punte anche dell’80%.
    – Monitorare scientificamente, tramite il Sistema agenziale ambientale, l’evoluzione della specie.

    Inoltre, così sarebbe più facile, tramite struttura veterinaria, verificare la presenza di peste suina nei branchi catturati.

    La proposta è già stata depositata al MIPAF più di 5 anni fa dall’ex ministro all’ambiente Sergio Costa.

  • SILVIO BORRELLO |

    Il Piano di abbattimento dei cinghiali è senz’altro positivo, ma dobbiamo avere tutti la consapevolezza che da solo non è sufficiente e non è di immediata risoluzione del problema. Abbattere in Italia 612,000 , nel periodo 2023-2028 cinghiali su una popolazione stimata i tra a 1.000.000 – 1.500.000 di capi ( dati ISPRA), tenuto conto della capacità riproduttiva dei cinghiali ,da solo non è sufficiente se non accompagnato da altre misure. Si è scelta la strada delle barriere di contenimento , anche su questa posso essere d’accordo, ma è impervia e piena di difficoltà ,piuttosto che un finanziamento per migliorare i sistemi di biosicurezza degli allevamenti , sia strutturali che gestionali. la formazione degli allevatori, trasportatori ecc. è indispensabile ed è prevista dal nuovo regolamento comunitario sulle malattie animali.

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