Guerra, manca il mais per i mangimi: animali a rischio abbattimenti

Il conflitto in Ucraina sta avendo pesanti ripercussioni sul mercato delle materie prime agricole, in particolare del mais, coinvolgendo l’intera Europa dell’Est che sta bloccando le esportazioni. Ad oggi la disponibilità di materie prime per la produzione mangimistica è limitata a 20 giorni, massimo un mese. Se non si attivano canali di approvvigionamento alternativo, sarà inevitabile il blocco della produzione, con conseguenze devastanti per gli allevamenti e la necessità di abbattimento degli animali presenti nelle stalle e il crollo delle produzioni alimentari di origine animale, come carni bovine, suine e avicole, latte, burro e formaggi, uova e pesce”. È l’allarme lanciato da Assalzoo, Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici. L’apertura del conflitto in Ucraina ha dimostrato, sottolinea l’associazione, “ancora una volta, la situazione fortemente critica dell’Italia a causa della sua massiccia dipendenza dall’estero per soddisfare la domanda interna di materie prime agricole”.

“SERVONO MISURE URGENTI O SI RISCHIA UNA DEBACLE”

“Una situazione che è andata aggravandosi negli anni, con il costante calo della produzione nazionale di mais, crollata dall’autosufficienza di una quindicina di anni fa ad uno scarso 50% attuale”. Assalzoo chiede pertanto “l’adozione di misure urgenti per gestire l’emergenza, favorendo l’import di mais per scongiurare il profilarsi di una vera e propria debacle della zootecnia nazionale”. E di “mettere in atto di un piano immediato di incentivi per favorire la coltivazione di ulteriori superfici a mais, le cui semine prenderanno avvio tra pochi giorni”. Per l’alimentazione animale occorrono circa 9 milioni di tonnellate di mais a fronte di una produzione italiana di scarsi 6 milioni di tonnellate. È necessario coltivare in Italia almeno 300mila ettari in più per soddisfare la domanda della zootecnia nazionale. (Ansa)

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  • Dario |

    Paperino, anch’io ho letto e sentito che alcuni, non so quanti, in tutto il bel paese incasserebbero contributi comunitari commisurati ad ettaro addirittura non coltivando assolutamente nulla.
    COMUNQUE, INSISTO, GLI ANIMALI SI UCCIDONO NON SI ABBATTONO!

  • Dario |

    Paperino, anch’io ho letto e sentito che alcuni, non so quanti, in tutto il bel paese incasserebbero contributi comunitari commisurati ad ettaro addirittura non coltivando assolutamente nulla.
    COMUNQUE, INSISTO, GLI ANIMALI SI UCCIDONO NON SI ABBATTONO!

  • Paperino |

    So che non è il momento di fare polemiche ma mi piacerebbe avere conferma o smentita delle “voci di popolo “ che girano in Piemonte, mi spiego: pare che i coltivatori abbiano contributi economici per seminare campi di soia, grano, fave, ecc ecc. Poi quando arriva la stagione del raccolto pare che ci siano altri contributi per non raccogliere determinate colture. Effettivamente verso l’autunno si vedono sempre campi di girasoli piuttosto che soia o altro bello secchi che vengono trinciati e arati pronti per seminare altro senza che venga raccolto nulla. Capisco che dobbiamo lavorare tutti ma se fosse davvero così bisognerebbe iniziare a pensare in modo un po’ diverso e meno dispersivo.

  • Paperino |

    So che non è il momento di fare polemiche ma mi piacerebbe avere conferma o smentita delle “voci di popolo “ che girano in Piemonte, mi spiego: pare che i coltivatori abbiano contributi economici per seminare campi di soia, grano, fave, ecc ecc. Poi quando arriva la stagione del raccolto pare che ci siano altri contributi per non raccogliere determinate colture. Effettivamente verso l’autunno si vedono sempre campi di girasoli piuttosto che soia o altro bello secchi che vengono trinciati e arati pronti per seminare altro senza che venga raccolto nulla. Capisco che dobbiamo lavorare tutti ma se fosse davvero così bisognerebbe iniziare a pensare in modo un po’ diverso e meno dispersivo.

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