Angelo “non soffre più”. Poche parole sulla pagina Facebook della Clinica Duemari di Oristano annunciano che il cane pastore maremmano simbolo dei roghi che hanno colpito la Sardegna nei giorni scorsi non ce l’ha fatta. Teatro della vicenda – dopo la storia della cerbiatta Lussurzesa raccontata due giorni fa – ancora una volta la struttura diretta dalla veterinaria Monica Pais insieme al marito Paolo Briguglio. Era arrivato in condizioni pietose dopo aver protetto il suo gregge e poi, nel tentativo di sfuggire all’incendio alla periferia di Suni, nelle vicinanze di Tresnuraghes, uno dei tanti paesi dell’Oristanese colpiti dall’immenso incendio che ha devastato il Montiferru, cercato di ripararsi su cumuli di massi roventi. Il veterinario Angelo giunto sul posto – da qui il nome dato al maremmano – ha pensato di tentare il tutto e per tutto e lo ha fatto ricoverare alla clinica della Pais. “Aveva le zampe carbonizzate, muso, occhi e bocca bruciati, ustioni dappertutto – racconta la veterinaria – l’abbiamo curato come un bambino, abbiamo sperato, le ultime analisi erano buone ma la sindrome multiorgano è stata impietosa”.
PER ANGELO CHE NON CE L’HA FATTA ALTRI ANIMALI STANNO GUARENDO
Già la sera prima il triste bollettino medico sulla pagina Fb. “So che vorreste saperlo: Angelo sta molto male, il suo organismo sta cedendo”. Poi la notizia della morte. Se per Angelo non c’è stato niente da fare, migliorano un po’ le condizioni di Luzzurzesa, la cerbiatta giunta alla clinica con le quattro zampe carbonizzate, trovata vicino alla mamma morta. “Fra una settimana si saprà quali sono le reali condizioni – spiega la veterinaria – e in che modo possiamo intervenire con le protesi. Di certo purtroppo non potremo rimetterla in libertà: non ha più i piedi”. Buone notizie invece per Rino, il cagnolino rimasto ipovedente a causa delle fiamme. Ora lo ha preso una volontaria e presto sarà dato in adozione. Il lavoro alla Clinica Due Mari è incessante. L’ultima arrivata – si legge in un nuovo post – è “una femmina adulta di cinghiale da Cuglieri… cosa devono avere sofferto queste povere bestie. L’abbiamo sedata e medicata. L’abbiamo ricoverata per poterla seguire meglio. Potrebbe farcela”. Ma non le daranno un nome per rispettare la sua identità di animale selvatico.