Per il Coronavirus ora (tra le perplessità) si accusa il pangolino

Dopo i serpenti arriva il turno del pangolino: potrebbe essere questo l’animale selvatico nel quale il coronavirus dei pipistrelli potrebbe essere mutato e diventato capace di aggredire l’uomo. A puntare l’indice su questo piccolo mammifero  simile a un formichiere e minacciato di estinzione, per il Wwf “l’animale più contrabbandato al mondo”, è la ricerca condotta in Cina da Shen Yongyi e Xiao Lihua, entrambi della South China Agricultural University (Scau) di Guangzhou. La ricerca – gli scienziati riferiscono di avere confrontato sequenze genetiche di coronavirus prelevate dal pangolino e dall’uomo, rilevando che sarebbero sovrapponibili per il 99% – al momento è pubblicata soltanto sul sito dell’università cinese ed è questo uno dei motivi per cui è stata accolta con perplessità dalla comunità scientifica internazionale. “Quest’ultima scoperta avrà un grande significato per la prevenzione e il controllo del nuovo coronavirus”, si legge sul sito della Scau.

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IL PANGOLINO, PER IL WWF L’ANIMALE PIU’ TRAFFICATO AL MONDO

L’ipotesi sembra plausibile, “ma la cautela è d’obbligo perché la ricerca non è stata ancora pubblicata”, rileva la rivista Nature sul suo sito. Le scaglie della “corazza” del pangolino, fatte di cheratina e ambite nella medicina orientale, e la sua carne considerata una vera e propria prelibatezza lo rendono un oggetto di traffici che hanno al centro proprio la Cina. Otto le specie conosciute “tutte in via di estinzione”, spiega il Wwf riferendo che “la sottospecie cinese ha avuto un declino del 90% dal 1960, proprio a causa del commercio illegale”. Il paradosso lo sottolinea il naturalista Nicola Bressi su Twitter: “Se proprio deve esistere un animale che ci contagia col coronavirus, spero sia confermato il Pangolino. Mai entrerebbe in contatto con l’uomo, se non per le nostre sciocche superstizioni che lo stanno sterminando considerandolo ‘medicinale'”. (nelle foto Afp e Epa, l’animale e le sue scaglie)

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