Per il ferimento del cane il padrone non ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, ma solo di quello patrimoniale legato esclusivamente – almeno in questo caso – al costo delle cure dell’animale. Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26770 depositata ieri ha ritenuto inammissibile il ricorso con cui si lamentava il mancato riconoscimento di un danno esistenziale o morale patito in prima persona dal ricorrente per la sofferenza e le conseguenze dell’incidente stradale che aveva coinvolto il proprio animale di affezione. Nel rigettare il ricorso la Cassazione riconferma la sentenza 14846/2007, cioè l’unico precedente con cui aveva già escluso la rilevanza costituzionale del danno patito da un essere umano per i danni arrecati a un animale considerato oggetto del proprio affetto. E, in tal caso, si trattava addirittura della morte (e non solo del ferimento) di un cavallo da corsa.
L’UNICO PRECEDENTE AVEVA GIA’ ESCLUSO IL RISARCIMENTO
Il padrone che lamentava il proprio diritto al risarcimento del danno non patrimoniale dall’automobilista, in primis dalla compagnia assicuratrice della responsabilità civile auto, sosteneva la violazione dell’articolo 2043 del Codice civile sui danni risarcibili a seguito di fatto illecito, cosiddetta responsabilità aquiliana, e dell’articolo 2059 dello stesso Codice. Secondo il ricorrente tale ultima norma che afferma la risarcibilità del danno non patrimoniale se previsto per legge è applicabile al caso concreto per la violazione del diritto costituzionalmente garantito a un’integrità affettiva della persona. Ma la Cassazione esclude che per tale riconoscimento sia sufficiente affermare che il danno è in re ipsa, cioè basta il verificarsi del fatto in sé.
LA CORTE NON HA RICONOSCIUTO IL DANNO ESISTENZIALE
E ancor meno è valso al ricorrente sostenere l’esistenza di un danno non patrimoniale ’esistenziale’ attraverso un generico riferimento alla perdita della ’qualità della vita’, come garantita dagli articoli 2 e 13 della Costituzione. La Cassazione – respingendo il ricorso – sottolinea che l’unica strada perseguibile per la sua ammissibilità sarebbe stata quella di portare valide critiche all’orientamento giurisprudenziale nomofilattico già espresso. E non, come nel caso concreto, l’affermazione generica che si tratti di diritti costituzionalmente garantiti portando a sostegno unicamente precedenti di merito non argomentati o fonti normative, che la Cassazione giudica non pertinenti. Al fine di ribaltare l’interpretazione secondo cui il ferimento dell’animale di affezione non sia riconducibile ad alcuna categoria di danno non patrimoniale risarcibile. (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)