Dopo le contestazioni SeaWorld elimina lo spettacolo delle orche assassine a San Diego

SeaWorld intende eliminare gradualmente dal prossimo anno i suoi spettacoli di orche assassine al suo parco di San Diego. Secondo quanto riportato dai media statunitensi, il piano e’ parte della strategia globale della proprietà, Seaworld Entertainment Inc., per riposizionare l’azienda che si e’ trovata ad affrontare pesanti critiche per come tratta i mammiferi marini. La decisione arriva dopo che un legislatore della California ha presentato una proposta di legge per vietare gli spettacoli dal vivo e la riproduzione in cattività delle orche nel Golden State.450px-2009-Seaworld-Shamu
Le intenzioni dell’amministrazione della società sarebbero quelle di cancellare la parola “Shamu” dagli show, parola che rappresenta, nel bene e nel male, la storia di Seaworld: era infatti il nome della prima orca assassina protagonista di uno spettacolo nel parco acquatico ed è brevettato. Il futuro sarebbe, invece, puntare sulla “conservazione” degli animali e sul rispetto delle loro caratteristiche naturali. Non e’ ancora chiaro invece quali saranno i piani per gli altri parchi SeaWorld: gli organizzatori hanno spiegato di avere intenzione di destinare diversamente i fondi dagli spettacoli di San Diego (nella foto) a quelli di Tampa e Orlando, ma non hanno menzionato gli altri parchi acquatici che gestiscono.
Le associazioni animaliste hanno a lungo contestato Seaworld e, nel 2013, hanno presentato il documentario “Blackfish”: un film che racconta le pessime condizioni di vita delle orche e che ha portato alla conoscenza del pubblico la morte di una famosa addestratrice nel 2010, trascinata in acqua e uccisa da uno degli animali. Da allora i trainer hanno smesso di entrare in vasca con le orche. Blackfish è uno dei principali fattori che hanno spinto l’azienda alle scelte di oggi ma gli animalisti temono che il riposizionamento annunciato non cambi davvero le condizioni degli animali e che sia solo una mossa di facciata per accontentare coloro che criticano ma, sotto sotto, continuare il… “business as usual”.