L’Iwc boccia il Giappone: niente “caccia sostenibile” alle balenottere

Il Giappone potrebbe riconsiderare la sua adesione alla Commissione baleniera internazionale (Iwc), dopo la nuova opposizione di quest’ultima ad autorizzare la caccia sostenibile dei cetacei. Lo ha detto il vice ministro dell’Agricoltura a della Pesca giapponese, Masaaki Taniai, dopo la bocciatura della proposta nipponica al termine della riunione della durata di 5 giorni a Florianopolis, in Brasile. Pochi giorni fa gli ambientalisti di Wwf, Greenpeace e Ifaw (International Fund for Animal Welfare) avevano annunciato battaglia ed esercitato pressioni sui membri dell’Iwc. Ha funzionato: ben 41 nazioni – tra cui l’Australia e molti paesi dell’Unione europea, hanno espresso il loro dissenso; tra i 27 governi favorevoli quelli di Norvegia e Islanda. Tokyo sperava di riprendere la caccia delle balenottere, la cui popolazione non considera a rischio di estinzione, e adesso Taniai ha indicato che il Giappone sta considerando tutte le opzioni sul tavolo, visto “il fondamentale e intollerabile disaccordo all’interno della commissione sull’evidenza scientifica della sostenibilità della specie”. Una precedente richiesta sulla ripresa della pesca commerciale delle balene da parte di Tokyo era già stata respinta nel 2014. Malgrado il Giappone sia stato costretto a interrompere la caccia dei cetacei per fini commerciali nel 1982, in linea con la moratoria internazionale decisa dalla Iwc, le imbarcazioni nipponiche hanno continuato a sopprimere le balene dal 1987 in avanti, per questioni che il governo definisce “legate alla ricerca scientifica”. Attualmente il limite è di 333 esemplari all’anno, equivalente e circa un terzo del numero di balene che venivano uccise prima che la Corte internazionale di Giustizia, nel 2014, deliberasse l’estraneità ad alcuna natura scientifica del programma. Secondo alcuni esperti, dietro la motivazione delle autorità nipponiche si nasconde la volontà di sostenere l’industria della carne di balena che, ancora oggi – malgrado il repentino calo delle vendite, è considerata una fonte alternativa e a buon mercato di proteine.