Un anno fa, il 1 luglio 2015, un dentista del Minnesota di nome Walter Palmer uccideva il leone simbolo dello Zimbabwe, Cecil. Il felino 13enne, dalla caratteristica criniera nera, era monitorato via gps dal 2008 da un istituto universitario di ricerca che lavora per la conservazione della specie all’Università di Oxford, in Gran Bretagna. Si è così potuto ricostruire la battuta di caccia nei dettagli ed è emerso che Cecil è stato attirato fuori dai confini della riserva di Hwange e abbattuto con arco e frecce dopo circa 40 ore di inseguimento. L’ondata di indignazione per la vicenda, dalla quale alla fine il dentista è uscito senza colpe (“era autorizzato”), si è allungata per settimane sui media di tutto il mondo ma è pian piano scomparsa dalle pagine. C’è però chi non l’ha dimenticata. A settembre 2016, durante la conferenza Onu sulle specie protette di Johannesburg, in Sudafrica, Born Free foundation ha intenzione di proporre ai 182 rappresentanti dei paesi partecipanti una moratoria internazionale sulla caccia grossa. “E’ una battaglia morale quella che vogliamo condurre: a leoni, ma anche elefanti e rinoceronti, non deve essere più possibile sparare per divertimento”, dice Will Travers di Born Free. Inoltre, i gruppi di conservazione Panthera, WildAid e WildCru segnalano che la maggior parte delle misure prese per impedire un’altra morte come quella di Cecil si sono indirizzate principalmente alla lotta al trasporto dei trofei di caccia piuttosto che alla protezione dell’habitat dei leoni. Le principali minacce alla sopravvivenza delle popolazioni del grande felino in Africa, secondo un report, sarebbero l’invasione umana del loro habitat e il bracconaggio di antilopi e altri animali utilizzati dall’uomo per cibarsi, una pratica che priva i leoni di prede. Il numero di leoni allo stato selvatico in Africa è sceso di oltre il 40 per cento, fino ai circa 20mila esemplari, negli ultimi due decenni, secondo le stime. Solo nella parte meridionale del Continente Nero la conservazione ha dato qualche successo. L’industria della caccia grossa motiva il risultato affermando che la gestione della fauna selvatica porta tanto benefici economici, grazie ai safari, quanto in termini di sopravvivenza delle specie. Nonostante questo, gli Stati Uniti a dicembre scorso hanno di fatto reso impossibile portare all’interno dei confini trofei di caccia, mettendo in ginocchio molti operatori con l’emanazione dell‘Endangered Species Act. Secondo un’associazione animalista, International Fund for Animal Welfare, nel periodo 2003-2014 circa 11mila trofei di leone sono entrati negli Usa. Gli esperti ambientalisti lanciano l’allarme anche per l’uso di ossa leone al posto di quelle di tigre nella medicina tradizionale cinese e asiatica, o per le cerimonie tipiche di alcuni i paesi africani. Luke Hunter, il presidente di Panthera, ha detto che i leoni sono relativamente facili di individuare in alcuni parchi naturali e danno l’impressione che la popolazione complessiva sia abbondante. Sono sociali, attivi durante il giorno e si avvicinano ai veicoli, “uno dei migliori biglietti da visita per i turisti in visita nelle aree protette dell’Africa”, ha detto Hunter. “La morte di Cecil aveva generato un’enorme consapevolezza circa la loro situazione – conclude amaramente Hunter -, spero che le cose non stiano cambiando”.
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