Zanzare tigre, nutrie, corvi e pappagallini verdi: non è la giungla, ma un qualsiasi quartiere di una grande città, sempre più popolato ormai da specie “aliene” che si adattano al nuovo habitat squilibrando l’ecosistema urbano. Ma a volte a farne le spese è un ignaro passante, come è accaduto martedì a una giornalista romana che è stata aggredita da una cornacchia mentre passeggiava per strada. E se questi animali sono diventati “vicini di casa”, la colpa è soprattutto dell’uomo: “Insetti come il punteruolo rosso che ha sterminato le palme, o come le zanzare tigre, sono entrati nel Paese con l’aumento della circolazione delle merci e delle persone” spiega Enrico Alleva, etologo dell’Accademia nazionale di Lincei. Altre volte, invece, gli fa eco Antonio Canu presidente di Wwf-Oasi e autore di “Roma Selvatica”, il loro arrivo non e’ casuale: “Le tartarughe d’acqua nei laghetti dei parchi cittadini non sono arrivate da sole, qualcuno le ha portate lì”. Lo stesso discorso vale per i parrocchetti dal collare – i pappagallini verdi – e per le nutrie importate dal Sudamerica per le pellicce, un business mai decollato, commenta Marco Di Netti, responsabile di ecologia urbana alla Lipu: “Sono animali introdotti dall’uomo”. Il fenomeno dell’inurbamento delle specie aliene dura da qualche decennio in Italia e nel mondo, continua Di Netti che fa una distinzione tra inurbamento diretto – o spontaneo – e inurbamento passivo, come nel caso degli animali che vivono in luoghi periferici delle città che vengono inglobati nel tessuto urbano. E se alcuni “clandestini”, come pappagallini e tartarughe, vengono accolti con piacere, altri vengono visti come un problema. E’ questo il caso di cornacchie e gabbiani “specie commensali che mangiano i nostri rifiuti” osserva Alleva. “Sono arrivati in modo progressivo, abbiamo distrutto le loro colonie lungo le coste e loro si sono avvicinati sempre di piu’ alle città”. Ad attirarli, concordano gli esperti, le luci della notte, il caldo, i cornicioni dei palazzi, ma soprattutto il cibo facile: “I nostri rifiuti sono per loro una specie di ristorante all’aperto gratis” spiega Canu. La soluzione e’ una sola: gestire l’allarme immondizia. “Il giorno in cui le nostre citta’ saranno pulite, queste specie andranno in cerca di cibo altrove” assicura il presidente del Wwf. Per alcune specie invece, come gli storni – ammirati per le loro coreografie nel cielo, ma messi all’indice per il bombardamento di escrementi cui sottopongono interi quartieri – si può ricorrere ad apparecchi particolari che riproducono il verso dei rapaci e li spingono a volare via. Una regola per tutti invece è quella di evitare di dare loro da mangiare: “Molta gente, soprattutto anziana, da loro del cibo, ma non va bene”. E se per l’uomo il problema e’ marginale, diverso e’ per piccioni e colombi che rischiano di vedere ridotto il numero degli esemplari dovendo combattere per il cibo e per la vita con gabbiani e cornacchie. Una lotta immortalata nello scatto della colomba appena liberata in piazza San Pietro e subito aggredita da un gabbiano. Secondo Alleva, il candido volatile, stressato dal viaggio non aveva avuto la prontezza di riflessi per difendersi. Non se la passano bene nemmeno upupe e assioli che devono dividere il nido con i pappagallini verdi che nidificano nei buchi degli alberi. (Agi, foto Alessandro Mootoo: pappagalli nel parco Pallavicino a Milano, in centro città, lo scorso inverno)
Su 24zampe abbiamo già parlato di specie invasive, qui e qui. Qui invece è possibile leggere una ricostruzione della presenza della nutria nel nostro paese (fu importata dall’Argentina nel 1935), dal blog Correnti dell’ottimo collega del Sole 24 Ore Jacopo Giliberto.