Per verificare la tossicità di sostanze come pesticidi, additivi alimentari o farmaci, non è più necessaria la sperimentazione sugli animali: da adesso è possibile farlo utilizzando soltanto colture di cellule. Sono i risultati del lavoro di Ruili Huang, dell’Istituto nazionale per la salute Usa (Nih), pubblicato su Nature Communications, fatto analizzando i dati di Tox21, un vasto progetto americano nato per sviluppare metodi più efficienti per testare la pericolosità delle sostanze chimiche sull’uomo. Da tempo si discute sulla necessità o meno di sperimentare sugli animali la tossicità di molte sostanze chimiche che possono entrare in contatto con l’uomo, come i pesticidi, oppure usate per la produzione del cibo o dei farmaci.
Per questo una serie di enti Usa, in particolare Nih, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e l’Agenzia del farmaco, hanno sviluppato l’ambizioso progetto Toxicology in the 21st Century (Tox21). Nel corso degli anni hanno analizzato gli effetti di oltre 10mila sostanze chimiche sia con tecniche in vitro, ossia su colture di cellule umane, che in vivo, sugli animali. Comparando gli oltre 50 milioni di dati raccolti sui diversi tipi di test i ricercatori affermano che i modelli in vitro sono capaci di predire con grande precisione gli effetti tossici sia su animali che uomini. Anche se i risultati dovranno essere ulteriormente analizzati, gli autori dello studio spiegano che i test tossicologici possono essere fatti con successo usando colture cellulari in vitro.
“I metodi di ricerca che non fanno uso di animali sono già la scienza del futuro – commenta Michela Kuan, biologa, responsabile Settore Vivisezione della Lav – e bisogna investire in questo settore per ragioni etiche, verso l’uomo e verso gli animali, e per preservare l’ambiente”. “Sul piano scientifico, in tossicologia come nello studio del cancro, non si conosce il valore predittivo per l’uomo dei test condotti su animali – conclude la Lav -: basti pensare che la concordanza dei risultati tra ratti e topi è solo del 57%. La sperimentazione animale ha il 92% di fallimento sull’uomo: ciò comporta una crescita vertiginosa dei costi per la ricerca e sviluppo”.