Avevano già sparato ad Amarena, più volte forse, ma con una sostanziale differenza: che a colpire la mamma dei due cuccioli erano stati dei pallini piccoli da caccia, e non un proiettile calibro 12 che l’ha uccisa, come è emerso ieri durante l’autopsia all’Istituto Zooprofilattico di Teramo. Palla che è stata prima individuata durante le lastre alla Clinica Veterinaria dell’università in mattinata e poi estratta dalla carcassa di Amarena durante la ricognizione cadaverica nel pomeriggio, che è terminata quasi a mezzanotte. Gli spari di ‘avvertimento’, in sostanza di allontanamento, che nel passato avevano attinto l’orsa sono un fatto abbastanza comune nelle terre dei parchi: già l’orso Stefano che fu ucciso in Molise nel 2013 presentava le stesse ferite, ossia un connubio di avvertimenti e una fucilata successiva mortale.
Conclusa l'autopsia di Amarena, si viene a sapere che in passato era già stata colpita da pallini. Stavolta il tipo ha usato un fucile per la caccia grossa provocandole una morte lenta e dolorosa. Sempre più orrore per le armi, per chi le detiene e per chi le usa.
— Silvia Ballestra (@silviaballestra) September 6, 2023
PER L’ORSA UNA MORTE LENTA
La scoperta autoptica cambia la narrazione dell’evento, perchè ora è tutto nelle mani del perito balistico Paride Minervini, la cui relazione sarà decisiva per definire l’accaduto. Gli ambienti giudiziari fanno infatti capire che la ricostruzione della dinamica dello sparo è cruciale per definire le responsabilità dell’unico indagato, Andrea L., dalla tempistica alla scelta dell’arma e del proiettile, passando per la distanza, e la traiettoria, la chiusura del cancello di casa per ‘bloccare’ l’orsa. Il tutto al netto di una morte lenta, dovuta al colpo che è sì entrato nel polmone dal fianco vicino alla spalla, ma che ha compresso irrimediabilmente tutti gli organi interni provocando una inevitabile emorragia interna. Morte lenta che Amarena ha tentato di combattere alzandosi più volte da terra inutilmente. (Ansa)
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