Non è una sensazione degli italiani, le zanzare tigre sono aumentate e sono diventate più aggressive anche per il caldo di questa estate rovente. Ma una cosa è certa: non trasmettono il Covid-19. A confermalo è il ricercatore del Cnr Irsa, Istituto di Ricerca sulle Acque di Verbania Pallanza, Diego Fontaneto, in occasione del World Mosquito Day, l’appuntamento dedicato alla lotta alle zanzare e alle malattie trasmesse da questi insetti, la febbre dengue, la febbre del Nilo, fino al Zika, Chikungunya e febbre gialla. Tutti virus che possono essere portati dalla zanzara tigre, un insetto contro cui l’Italia combatte dal 1990. Arrivata con dei copertoni dagli Usa dove a loro volta erano giunte dall’Asia dell’est, hanno ormai invaso quasi tutta Europa. “In effetti la presenza della Aedes albopictus, la zanzara tigre, è aumentata un po’ dappertutto, complici il caldo e l’umidità che hanno favorito la nascita delle larve”, spiega il ricercatore, “tutto dipende dal clima, dalle condizioni ambientali locali, dal periodo e da quello che si fa. Stare in un giardino e non farsi mai pungere è praticamente impossibile”. La prima ondata di insetti è avvenuta già a metà maggio, ma avverte Fontaneto “un bilancio della situazione si potrà fare solo a fine stagione. Le tigri infatti vivono fino a quando le temperature scendono sotto i 10 gradi, il chè significa che se avremo un autunno tiepido si dovrà combattere ancora per diversi mesi”.
LA ZANZARA E’ UN KILLER SPIETATO: 725MILA VITTIME UMANE L’ANNO
A pungere, ricorda il ricercatore, sono solo le femmine che succhiano il sangue ricco di proteine per lo sviluppo delle uova e non i maschi. Oltre alla tigre, la più fastidiosa perché è piccola ed è attiva praticamente 24 su 24, ci sono circa 70 specie ‘made in Italy’, di cui quella di risaia (Aedes caspius), l’anofele che portava la malaria e la Culex che di notte ronza nelle orecchie. Un esserino tanto piccolo che però fa danni enormi: è in assoluto l’animale che uccide più esseri umani, circa 725mila l’anno secondo gli ultimi dati. Nella sua diffusione un ruolo importante l’ha avuto anche il comportamento umano nella gestione ambientale. Nelle zone di pianura, ad esempio, è stato introdotto il sistema delle risaie ‘in asciutta’, chimicamente più pulite senza diserbanti, ma dove i predatori delle zanzare come libellule e rane non riescono più a riprodursi. Il problema è che specie diverse di zanzare prediligono tipi diversi di acqua; per alcune basta quella nei sottovasi per crescere; altre sono abbondanti al mare vicino alle pozze di scogliera; altre si sviluppano nei bidoni di plastica dove si lascia l’acqua a decantare negli orti prima di irrigare.