I dati sono impressionanti. Ogni anno l’uomo, per procurarsi il cibo, uccide più di 150 miliardi di animali, tra terresti e pesci. Per nutrire i nostri cari e noi stessi uccidiamo 45,9 miliardi di polli, 2,3 miliardi di anatre, 1,2 di maiali, quasi un miliardo di conigli. Sono numeri forniti dall’attivista “veg” Barna Mink, che ha preparato un calcolatore in tempo reale, qui. «Cambiare stili di vita e abitudini alimentari in favore della scelta veg, l’unica veramente amica del Pianeta perche’ e’ la sola dotata di un’ `impronta ecologica´ realmente sostenibile, sia dal punto di vista del consumo di risorse sia da quello dei cambiamenti climatici. L’unica inoltre che non esige in tributo la vita di miliardi di esseri viventi, venuti al mondo e cresciuti solo per essere uccisi». E’ questa il credo dell’Enpa, spiega la consigliera nazionale Annamaria Procacci, in occasione della settimana vegetariana. «Dietro l’industria della carne e le sue `fabbriche animali´ si cela un meccanismo paradossale- spiega Procacci- visto che questo e’ l’unico sistema che, per produrre cibo (carne, appunto), consuma e distrugge altro cibo (cereali). Cibo che invece potrebbe essere destinato a sfamare centinaia di milioni di persone che non hanno accesso alle risorse alimentari».
Il bilancio dunque e’ pesante, anche dal punto di vista dell’erosione del «patrimonio idrico» mondiale. Secondo il Pacific Institute per fare arrivare sulle nostre tavole un solo chilo di carne di manzo ne sono necessari non meno di 15mila litri, circa dieci volte di piu’ di quella necessaria ad avere a disposizione la medesima quantita’ di vegetali (dai 500 ai duemila litri a seconda delle coltivazioni). Un chilo di carne di manzo produce dunque un «disavanzo idrico» pari a circa 13mila litri, che, in un periodo di cambiamenti climatici e di preoccupante desertificazione, vengono cosi’ sottratti all’agricoltura e ad altri usi fondamentali per la vita.
L’impatto degli allevamenti e’ devastante non solo sulle risorse ma anche sul clima. Infatti, tra i principali responsabili per il vertiginoso aumento delle temperature e per gli stravolgimenti climatici ci sono le nostre abitudini alimentari, con la filiera della carne messa sotto accusa dalla Fao per il rilascio in atmosfera di ingenti quantita’ di gas serra. Stima infatti l’organizzazione Onu che un quinto delle emissioni globali (la stessa quantita’ prodotta in tutto il mondo dal traffico urbano), viene generato dagli allevamenti, industriali e non. Se, ad esempio, si considera il solo metano, ogni anno dai circa 2 miliardi di bovini reclusi per diventare «polpette», ne finiscono in atmosfera ben 100 milioni di tonnellate.
Alle quali vanno aggiunte quelle dei suini e degli avicoli. E negli anni a venire la situazione dovrebbe addirittura peggiorare: la Fao prevede infatti che nei prossimi 35 anni il consumo di carne sia destinato quasi a raddoppiare (+73%), fino a raggiungere nel 2050 la soglia record di 465 milioni di tonnellate (nel 1950 se ne consumavano 45 milioni). «Eppure, quella della carne e’ l’unica industria nei cui confronti non sono state prese in considerazioni misure per limitare le emissioni. Governi e Istituzioni, nazionali e internazionali, si comportano come se avessimo un pianeta di riserva; purtroppo non e’ cosi’. Per questo e’ essenziale che ciascuno di noi si faccia motore e portatore del cambiamento. Perche’ quando la Politica prendera’ coscienza del problema, potrebbe essere troppo tardi per intervenire con le opportune contromisure», conclude Procacci dell’Enpa.