I parlamentari “animalisti”, quelli che aderiscono cioè all’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, promettono ai veterinari di Anmvi e Fnovi emendamenti alla manovra di bilancio per ridurre l’aliquota Iva sulle prestazioni veterinarie al 10% e aumentare le detrazioni, ferme ormai da quasi vent’ anni a meno di 50 euro. Idee emerse durante l’incontro tra Michela Vittoria Brambilla, che presiede l’organismo parlamentare, con Marco Melosi, presidente dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani, e Carlotta Bernasconi, vicepresidente della Federazione nazionale degli ordini veterinari italiani. I rappresentanti dei vets durante l’audizione hanno ricordato la disparità di trattamento tra il regime cui sono assoggettati i liberi professionisti (aliquota al 22 per cento) e l’esenzione completa per le prestazioni erogate dalle Asl, il ruolo di “presidio sanitario” svolto dalla professione e l’inscindibilità della salute umana da quella degli animali che accompagnano la nostra vita. Ragion per cui le misure di agevolazione fiscale sulle cure veterinarie hanno un indubbio valore sociale, sia per la lotta contro il fenomeno del randagismo che per il contributo che potrebbero dare alla convivenza con gli animali d’affezione, importante soprattutto per le fasce più deboli della popolazione: anziani e persone di minore età. “Un’impostazione che trova assolutamente concordi deputati e senatori iscritti all’Intergruppo, appartenenti a tutte le forze politiche – scrive Brambilla in una nota – e che produrrà alcuni emendamenti comuni volti a rimodulare l’aliquota Iva per le cure, sull’esempio di quanto avviene in Spagna dove il governo Sanchez ha proposto di portarla al 10 per cento. Inoltre non è accettabile che il tetto massimo alle detrazioni sia pari a 49,58 euro, come vent’anni fa, quando le condizioni economiche e le prestazioni veterinarie erano molto diverse”.
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