Il proprietario di un cane da caccia, un pensionato rodigino 92enne, e un veterinario padovano sono stati condannati dal Tribunale di Rovigo per aver ucciso Rocky, un esemplare giovane. I fatti risalgono al 2015, quando l’anziano proprietario dell’incrocio di cane da ferma a pelo duro decide di disfarsene e lo getta dal finestrino dell’auto in corsa. Una donna lo raccoglie ferito e lo porta al canile, dove, grazie al microchip, si risale al proprietario, cui viene riconsegnato. Ma l’uomo non desiste e trova un veterinario disposto a sopprimere Rocky, giudicato – secondo notizie di stampa – agitato, ingestibile e forse vittima di un difetto neurologico. Proprio la donna che lo aveva salvato scopre tutto e racconta ai Carabinieri la fine del cane, facendo scattare le denunce. Il proprietario è stato condannato a 14 mesi e il veterinario ad un anno, con interdizione dall’esercizio della professione per lo stesso periodo di tempo. La pena per i due condannati è stata sospesa e condizionata al risarcimento di 3.500 euro di danno a Enpa, parte civile al processo, entro tre mesi dal suo essere definitiva.
LA REAZIONE ANIMALISTA
“Una storia di (stra)ordinaria crudeltà: tanta barbarie ed inciviltà – commenta Michela Vittoria Brambilla, presidente Leidaa, con una nota – contrastano profondamente con il sentimento di amore e di rispetto per gli animali che caratterizza la stragrande maggioranza degli italiani e dimostrano ancora una volta che è necessario condurre fino in fondo la nostra battaglia per introdurre pene più severe a carico di chi maltratta e uccide gli animali. Comportamento tanto più grave se messo in atto da un veterinario che dovrebbe curare gli animali e prendere in considerazione la soppressione solo quando non è più possibile alcuna terapia”. L’avvocato Claudia Ricci di Enpa sottolinea la “decisione rilevante perchè sancisce un principio importantissimo: un veterinario non può accettare passivamente le richieste di una persona di uccidere un cane senza prima aver svolto tutti gli accertamenti di legge sullo stato di salute dell’animale, altrimenti non solo tradisce il suo lavoro ma commette un reato”.