La migrazione autunnale degli ibis eremita (una specie che si sta cercando di reintrodurre in Europa dopo 4 secoli grazie ai voli guidati dall’uomo, ne abbiamo già scritto qui) deve fare i conti con i cacciatori: un quarto degli esemplari in volo verso la Toscana è stato impallinato. Ermanno Giudici, presidente dell’Enpa Milano, si chiede giustamente (qui) se non si tratti piuttosto di bracconieri, delinquenti che sanno che resteranno praticamente impuniti pur avendo commesso un reato. “Erano partiti in 17 e il bilancio degli ibis colpiti è salito a 5. Di questi solo due sono ancora in vita”, comunica il Parco Natura Viva di Bussolengo (Verona), unico partner italiano del progetto LIFE+ “Reason for hope” per la reintroduzione della specie. L’ultimo ibis vittima della stagione venatoria è Luna, colpita ieri pomeriggio in Veneto da un unico pallino di piombo. L’esemplare ha riportato una frattura alla tibia e sarà operato. Condividerà la degenza con Thor, ferito a inizio ottobre in provincia di Grosseto. Non sono stati altrettanto fortunati Kato, Enna e Taro, uccisi dalle doppiette. Il bilancio è ancor più pesante perché ad essere colpiti sono esemplari adulti che hanno già “imparato” la rotta della migrazione – grazie al precedente volo guidato dagli uomini – e che quindi sono gli ibis “esperti” che guidano i più giovani dalle aree di riproduzione a nord delle Alpi verso l’area di svernamento in Toscana. Per Luna le notizie sono positive. “Ci vorranno alcuni mesi di degenza e di immobilità totale, ma speriamo in buone probabilità che la prossima primavera possa riunirsi al gruppo che migra verso l’Austria per la stagione mite”, spiega Camillo Sandri, veterinario e direttore tecnico del Parco Natura Viva. Waldrappteam e il parco italiano nelle scorse settimane hanno lanciato una petizione internazionale indirizzata al Parlamento Europeo, all’Arma dei carabinieri, al Ministero dell’Ambiente, al Corpo forestale dello Stato e alle associazioni italiane della caccia perché serrino i controlli contro la caccia illegale e permettano ai ricercatori di continuare a lavorare.