Per ridurre il rischio di future pandemie, l’Unione europea e i governi nazionali “devono bloccare il sostegno all’allevamento intensivo nei pacchetti di salvataggio o con altri sussidi pubblici, a favore dell’agricoltura su piccola scala”. Lo chiede Greenpeace, aggiungendo che “a livello nazionale ed europeo i lobbisti del settore agricolo hanno già chiesto sostegno per il settore delle carni e dei latticini”‘. L’ong spiega in una nota che “si stima che il 73% di tutte le malattie infettive emergenti provenga da animali, e che gli animali allevati trasmettano agli esseri umani un grande numero di virus. E’ probabile che gli allevamenti intensivi, in particolare di pollame e suini, possano far aumentare la trasmissione di malattie”. Greenpeace in proposito ha chiesto un parere alla professoressa Ilaria Capua, direttrice della One Health Center of Excellence dell’Università della Florida.
CAPUA: MIGLIORARE LA SALUTE DI UOMINI E ANIMALI
La ricercatrice sostiene che “migliorare la salute dell’uomo e degli animali, insieme a quella delle piante e dell’ambiente, è l’unico modo per mantenere e preservare la sostenibilità del Pianeta”, sottolineando che la salute umana è indissolubilmente legata alla salute degli animali e della natura. L’allevamento degli animali, prosegue Greenpeace, “è il principale motore della distruzione globale delle foreste, e i ricercatori stimano che il 31% delle epidemie di malattie emergenti siano legate al cambiamento nell’uso del suolo collegato all’invasione umana nelle foreste pluviali tropicali”. Sulla base di queste riflessioni, “il Covid-19 non sarà purtroppo l’ultima emergenza che dovremo subire – dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia -. L’Ue e i governi nazionali devono quindi salvare gli agricoltori su piccola scala colpiti da questa crisi e smettere di sostenere il sistema degli allevamenti intensivi, che mettono a rischio la salute pubblica”. (Ansa)