Fa discutere il “lundi vert” francese. Dopo che più di 500 personalità due giorni fa hanno lanciato in Francia un appello a instaurare un “lunedì verde”, cioè il primo giorno della settimana di dieta senza carne e senza pesce, sono arrivate le proteste di chi bolla la battaglia come elitaria. Se l’iniziativa si propone di proteggere (se non di salvare) il pianeta, gli animali e anche la salute umana – perchè produrre carne implica un aumento dei consumi di acqua molto superiori alla produzione di verdura e frutta -, d’altro canto c’è una fetta di società che ritiene illegittima la chiamata al boicottaggio di una fetta tanto significativa di economia di mercato. I 500 firmatari dell’appello contro carne e pesce di lunedì – artisti, intellettuali, ambientalisti – ricordano che in Francia il 99% dei conigli, il 95% dei maiali, il 90% dei vitelli e l’82% dei polli sono allevati intensivamente e che la carne consumata qui viene nutrita con soja proveniente dalla deforestazione dell’Amazzonia. Invece molti agricoltori, pescatori, commercianti, politici, artigiani e persino macellai si sono affrettati a respingere l’iniziativa, ritenendola fuori fase con le urgenze dei francesi e sbilanciata sulla percezione di pochi provilegiati. Inoltre, tra le accuse più ricorrenti ai 500, c’è quella della “pagella della sostenibilità” che possono esibire: molti di loro viaggiano tra la Francia e gli Usa in aereo tre volte al mese – li si accusa sui social network – e la loro “carbon footprint” (o “bilan carbone”, come si chiama in francese) è disastrosa. Dice un agricoltore al Figaro: “Ho calcolato che produrre un chilo di carne con le mie vacche emette 7 kg di CO2 equivalente mentre un solo viaggio a/r alle Maldive o a Reunion ne genera 3,5 tonnellate. Come una bistecca al giorno… ma per dieci anni!”. Il sito dei sostenitori del “lundi vert” è qui.