Il migliore amico dell’uomo potrebbe rappresentare al tempo stesso un grande rischio per future pandemie: i cani infatti sono diventati un serbatoio per virus dell’influenza che provengono dai suini e che con le mutazioni giuste potrebbero arrivare all’uomo. Lo dimostra uno studio della Icahn School of Medicine a Mount Sinai, New York City, guidato da Adolfo García-Sastre e pubblicato sulla rivista mBio, che ha analizzato il Dna completo di 16 virus dell’influenza prelevati tra il 2013 e il 2015 da cani della Cina meridionale. L’influenza può “saltare” tra diversi animali, di solito uccelli selvatici, pollame e altri uccelli domestici, suini e cavalli, che fanno da incubatori di mutazioni genetiche del virus. Ad esempio la pandemia del 2009 di H1N1 è partita dagli uccelli ed è passata ai maiali, dove vari cambiamenti nel Dna del virus gli hanno permesso di arrivare fino all’uomo. “Ma in questo studio abbiamo identificato virus dell’influenza che sono saltati dai maiali ai cani”, afferma García-Sastre. Quindici anni fa c’è stato il primo caso documentato di influenza passata da cavallo a cane, mentre cinque anni fa in Cina è stato trovato nei cani un virus di origine aviaria. “Noi abbiamo scoperto nei cani un’altra classe di virus che viene dai suini e che ha origine negli uccelli e che adesso sta subendo riassortimenti con altri virus canini”, aggiunge García-Sastre. “Ora nei cani abbiamo i ceppi H1N1, H3N2 e H3N8 e stanno iniziando a interagire tra loro: ricorda molto quello che è accaduto nei maiali con la pandemia di dieci anni fa”. I ricercatori suggeriscono che bisognerebbe cominciare a impedire la circolazione dell’influenza tra i migliori amici dell’uomo, ad esempio con vaccini. (Ansa)
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