Oggi in Italia ci sono 33mila veterinari, contro i 18mila della Francia. Questo perché l’Italia ha 13 facoltà di veterinaria contro le 4 francesi. Un rapporto fra domanda e offerta “sbilanciato, che produce come prima conseguenza un esercito di liberi professionisti per necessità, almeno 20mila, precari, senza nessuna tutela né stabilità, con un reddito professionale medio che è fra i più bassi in Italia, sotto i 15mila euro all’anno”. A denunciarlo è il Sindacato Veterinari liberi professionisti (Sivelp). “Un sistema già esploso – commenta Angelo Troi, segretario nazionale del Sivelp – che da un lato ha portato a condizioni insostenibili per i liberi professionisti, non solo per i più giovani, e dall’altro pesa sulle tasche di tutti i cittadini. Il mercato della medicina veterinaria italiana non riesce ad assorbire tutti i professionisti che annualmente escono dalle università, circa 1.100, e che si trasformano quindi sempre più spesso in precari sottopagati, oppure emigrano in altri Paesi affidandosi alla sorte”. In questi anni, inoltre, “sono nate in molte università italiane corsi di laurea triennali che non consentono l’iscrizione all’albo e a cui non corrisponde una richiesta specifica concreta nel mondo del lavoro. Un accorpamento delle facoltà di veterinaria potrebbe essere un intervento opportuno – conclude – per riordinare un settore che produce alti costi per la collettività e continua a immettere sul mercato disoccupati e precari”. (Ansa)
- Nel 2015 è stato facile profeta Marco Melosi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Medici Veterinari (Anmvi), che su 24zampe provocatoriamente dichiarava: “La laurea in veterinaria non dà più lavoro, pensateci bene prima di iscrivervi“