A cosa servono migliaia di veterinari pubblici? A garantire la salubrità degli alimenti di origine animale. Controllano gli allevamenti, la somministrazione dei farmaci, i mangimifici, i macelli, le industrie di macellazione. Parte da qui la nuova puntata di “Indovina chi viene a cena”, in onda domani alle 21.05 su Rai3. ”Perle ai porci” illustra due note positive: al mondo non esiste un Paese che abbia così tanti controlli costosi e pagati dal contribuente come il nostro. Inoltre, l’Italia è tra i pochi paesi che hanno deciso di inserire i veterinari all’interno del Sistema Sanitario nazionale, a differenza di altri paesi che hanno optato per la dipendenza dal Ministero delle Politiche Agricole. L’autrice Sabrina Giannini mette però a nudo alcune contraddizioni del sistema di controllo, evidenziando che talvolta sono più garantiti gli interessi della filiera produttiva che quelli dei consumatori. C’è l’allevamento mantovano dove il maiale vive grufolando all’aperto, non assume farmaci coi mangimi e impiega un anno a diventare abbastanza grande da essere macellato. Poi c’è quello bresciano, dove in un impianto intensivo il maiale impiega la metà del tempo per fare la stessa fine, ma il primo non è il sistema che viene sovvenzionato da sussidi governativi ed europei. E in etichetta non è segnalata la differenza tra i due prodotti… Tre casi emblematici mostrano come i veterinari che non hanno adeguatamente controllato (e sono stati condannati) vengono reintegrati nello stesso settore di controllo dalla sanità delle regioni Lombardia ed Emilia-Romagna. E’ possibile una visione diversa? Una prospettiva di sistema che limiti l’inquinamento dell’ambiente e l’utilizzo degli antibiotici che entrando nella catena alimentare arrivano all’uomo, con la conseguenza di sviluppare la resistenza agli antibiotici stessi?
