Il giudice del tribunale di Nuoro Daniela Russo, ha concesso l’istituto della messa alla prova per dieci mesi a Giuseppe Piredda, l’allevatore di Irgoli di 44 anni che nell’aprile del 2014 provocò la morte del suo cane meticcio perché avrebbe infastidito le pecore del suo gregge: legato al gancio di traino della sua auto, dove l’uomo viaggiava con il figlio minorenne, l’animale venne trascinato sull’asfalto fino a provocarne la morte (nella foto). Piredda, affiancato dai servizi sociali, si occuperà del verde pubblico nel comune di Loculi, a pochi chilometri dal suo paese, e sconterà così la pena. Il giudice ha fissato una nuova udienza per il 17 ottobre 2017: in quell’occasione verrà valutato il suo comportamento e se tutto andrà bene il reato potrà essere estinto. Insorgono le associazioni animaliste, Enpa e Lav su tutte, mentre è chiaramente soddisfatto il legale dell’allevatore, Gianfranco Careddu. “L’istituto della messa alla prova mira alla rieducazione e alla riabilitazione di chi ha commesso reati di questo tipo – spiega l’avvocato – Serve a far capire a chi sbaglia che si può riparare il danno con apporto fattivo. Il processo – ricorda il difensore – si era arenato nella precedente udienza sul risarcimento economico avanzato dagli animalisti. L’aspetto principale, invece – sottolinea – è la funzione riabilitativa della pena anche per chi non ha possibilità economica”. Per Carla Rocchi, presidente della Protezione animali, invece “la messa alla prova di questo individuo rappresenta una decisione incomprensibile e un pessimo segnale per tutta la collettività – attacca -. Siamo in presenza di un uomo che ha scientemente legato un altro essere vivente alla propria autovettura, che lo ha consapevolmente trascinato, vivo, sull’asfalto e che ha fermato la sua tragica corsa soltanto dopo essere stato inseguito dai Carabinieri. Non capisco proprio cos’altro avrebbe dovuto fare per meritarsi una condanna. Oggi purtroppo giustizia non è stata fatta”. Stessa reazione per Lav: “Ci aspettavamo che il tribunale volesse dare un segnale forte contro i reati in danno agli animali, anche in considerazione dell’aggravante che la violenza fu perpetrata alla presenza di un minore della cui educazione l’uomo era ed è responsabile, ma così non è avvenuto. Chiediamo quindi al pm di impugnare l’ordinanza”, dice Ilaria Innocenti.