Puzza di cucina e urina di animali: sono questi gli odori che più spesso provocano liti in condominio. E’ quanto emerge da un’analisi dell’Anammi, l’Associazione Nazional-europea degli Amministratori d’Immobili, effettuata sulle segnalazioni ricevute dai suoi 13mila associati. Nella classifica degli odori più a rischio lite, gli effluvi provenienti dalla cucina svettano in testa, con circa il 35% delle proteste. Ma al secondo posto ci sono gli odori legati alla presenza di animali, che rappresentano il 30% delle liti da odori. L’urina del cane o del gatto appare come la motivazione più citata, seguita dall’incuria dei condòmini che hanno trasformato il loro appartamento in una specie di arca di Noè. “E’ vero che la riforma del condominio consente di ospitare animali da compagnia – sottolinea il numero uno dell’associazione – ma senza dimenticare le normali norme igieniche e le necessità di una civile convivenza”. Al terzo posto, troviamo i fumi di attività commerciali (15%) che operano nello stesso complesso condominiale. Secondo l’articolo 844 del Codice Civile, “l’immissione [di odori] non può essere impedita a meno che non superi la normale tollerabilità, rilevata nel contesto di riferimento”. Tuttavia non è facile definire i parametri di ciò che è tollerabile e ciò che, invece, non lo è, soprattutto quando si tratta di odori. Ecco perché, avverte il presidente dell’Anammi, “meglio trovare una soluzione amichevole e cercare di essere tolleranti. In questo, le capacità negoziali dell’amministratore sono fondamentali. La soluzione ideale, infatti, consiste nel sanare la situazione prima che i rapporti tra i vicini peggiorino”.
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