Niente risarcimento per una attrice morsa da un cane randagio mentre faceva jogging a Quartu S.Elena (Ca). Lo ha stabilito una sentenza del Tribunale di Cagliari che ha negato il risarcimento “perché la donna non ha fornito prove adeguate. Chi avrebbe dovuto, eventualmente, pagarlo? La legge regionale pone un obbligo di vigilanza sui cani randagi unicamente in capo alle Asl – riporta l’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi) sul proprio sito – avendo riservato ai comuni solamente un onere di gestione dei canili comunali, una volta che i cani vaganti siano stati identificati e catturati ad opera dei servizi sanitari delle Asl. Da tale disposizione si deduce che il servizio veterinario delle aziende sanitarie è tenuto al controllo del randagismo”. Per avanzare istanza di risarcimento in seguito al morso di un cane randagio, prima va verificata la norma regionale e controllare cosa prevede in fatto di contrasto al randagismo – suggeriscono i veterinari – Questo perché, l’ha ribadito il Tribunale di Cagliari, è la Regione che può decidere il riparto di competenze tra le due amministrazioni, Asl o Comune. Inoltre il diritto all’indennizzo per i danni riportati a seguito dell’aggressione del cane randagio, andrà naturalmente dimostrato e l’evento non dovrà essersi verificato al di fuori del centro abitato ove le autorità non hanno più obblighi di prevenzione e di controllo. Fuori dall’area urbana, il Comune o l’azienda sanitaria locale non hanno più obblighi di vigilanza sui cani. La conseguenza è che, anche dimostrando di essere stati assaliti da un branco e di aver riportato danni consistenti, alcun risarcimento può essere accolto. La sentenza del Tribunale di Cagliari sottolinea come “se può ritenersi provato che l’attrice sia stata aggredita da un cane randagio, non risulta individuato un comportamento colposo ascrivibile all’ente pubblico, fonte della responsabilità risarcitoria invocata dalla appellante. Nessuna prova è stata, infatti, introdotta in causa circa la violazione di misure cautelari – evidenzia la sentenza – a opera dell’ente sanitario non risultando neppure dedotta la presenza, in precedenza, di cani randagi in quei luoghi (tali da costituire un pericolo per gli utenti della strada) ovvero che la stessa località fosse stata teatro di analoghi episodi tali da allertare le autorità preposte. Nel caso di specie, inoltre, è emerso che il cane poco prima dell’aggressione si trovava all’interno di un terreno recintato di proprietà privata”. (Kronos)