Sul Sole 24 Ore del 31 marzo 2016 è uscito un articolo di un’esperta del quotidiano, l’avvocato matrimonialista Selene Pascasi. La legale illustra e chiarisce una sentenza di merito del tribunale di Como che riguarda l’omologazione dell’accordo preso da una coppia in fase di separazione nei confronti dell’animale domestico. Il patto riguarda la sfera economica ma anche quella affettiva, trattandosi di animale da compagnia, “d’affezione”, appunto. L’esperta segnala che, almeno per il momento, in caso di controversia sul destino dell’animale il tribunale non è tenuto a intervenire per dirimerla. Su 24zampe avevamo già scritto qui di animali domestici e separazione. Riproponiamo l’articolo, ringraziando l’autrice.
di Selene Pascasi
Va omologato l’accordo con cui i coniugi, in sede di separazione consensuale, abbiano deciso le sorti dell’animale domestico d’affezione: concordarne l’assegnazione e il mantenimento non contrasta con l’ordine pubblico. Lo chiarisce il Tribunale di Como, con sentenza del 3 febbraio 2016. La vicenda, particolare ma non troppo – vista l’alta percentuale di coppie che nel ménage familiare includono anche le cure per il «pet» di casa – nasce dal patto di separazione stilato a quattro mani dai consorti. La coppia, raggiunto un compromesso sulla gestione economica e relazionale dell’animale, compresa la regolamentazione delle visite, lo sottopone all’esame del Tribunale, che concede l’omologa.
Il decreto di omologa – precisano i giudici – svolge la funzione di controllare la compatibilità della convenzione pattizia rispetto alle norme cogenti e ai principi di ordine pubblico, nonché, in presenza di figli minori, di compiere un’indagine sulla conformità dell’accordo all’interesse della prole. Tanto premesso, nel caso concreto, va riconosciuto l’indubbio «contenuto economico» delle condizioni inerenti la suddivisione delle spese di mantenimento e di cura del cane, così come avviene per qualsiasi altra spesa relativa a beni o servizi di interesse familiare. Si tratta, dunque, di previsioni non contrarie alla legge e, pertanto, omologabili. Quanto, invece, al rapporto affettivo con il «pet», le disposizioni inserite nell’intesa – «ricalcando impropriamente sul piano terminologico le clausole generalmente adottate in tema di affidamento, collocazione e protocollo di visita dei figli minori» – sono tese ad assicurarne a ciascun comproprietario la frequentazione alternata, con conseguente responsabilità .
Peraltro, trattandosi di animale d’affezione o di compagnia preoccuparsene assume «un particolare interesse per i coniugi». Interesse che, per risultare meritevole di tutela «non si esaurisce nella sola sfera patrimoniale». È chiaro, tuttavia -puntualizza il Tribunale di Milano (ord. 2.3.11) – che in caso di conflitto sull’assegnazione, il giudice della separazione non sia tenuto ad occuparsene. Questo salva l’approvazione del disegno di legge volto ad inserire nel Codice civile l’articolo 455-ter, a disciplina dell’affido di animali familiari in caso di divisione dei coniugi. Ad ogni modo, nei fatti di causa, raggiunta l’intesa fra i coniugi, al collegio non restava che omologarla, vista l’aderenza all’apparato normativo e ai principi di ordine pubblico. Unico consiglio rivolto alla coppia, quello di regolare, per il futuro, con impegni stragiudiziali, le sorti dell’animale domestico, in caso di divorzio o modifica delle condizioni di separazione.