I timori degli amanti degli animali si sono avverati. Dopo la recente modifica al codice penale (art. 131 bis), che prevede la possibilità, da parte del giudice, di archiviare il procedimento se giudicato di “particolare tenuità” e commesso senza “motivazioni abiette o futili, crudeltà, sevizie”, alcuni osservatori avevano previsto che i reati commessi contro gli animali avrebbero potuto rientrare in questa categoria. E ora la conferma. Accade a Milano, dove un edicolante nel 2011 aveva preso “ripetutamente a calci” un cane, un bassotto nano, ‘reo’ di aver “sporcato urinando l’espositore dei giornali” della sua edicola. Finito a processo per il reato di maltrattamento di animali, l’uomo è stato prosciolto dal Tribunale di Milano che per il suo caso ha applicato le nuove norme sulla non punibilità per “particolare tenuità del fatto”, introdotte lo scorso marzo.
I fatti. Il 10 ottobre del 2011, un uomo stava camminando con il suo bassotto al guinzaglio vicino ad un’edicola a Milano, quando il cane ha deciso di fare la pipì sull’espositore dei giornali. A quel punto, l’edicolante si è infuriato e ha preso a calci l’animale scaraventandolo “ad alcuni metri di distanza” e causandogli, stando ai referti del veterinario, dolori “lungo tutta la colonna vertebrale” e un “evidente stato di shock”. Per il giudice della quarta sezione penale, Marco Tremolada, però, l’imputato può essere dichiarato “non punibile per particolare tenuità del fatto”, perché “ha sì posto in essere una condotta lesiva nei confronti del cane della persona offesa (il padrone del cane che ha sporto denuncia), ma non ha utilizzato né armi o altri strumenti di particolare lesività, né modalità tali da far ritenere che la condotta sia stata espressione di un gesto gratuito”. Nelle motivazioni, infatti, il giudice sottolinea che “si è trattato di un gesto condizionato dalle circostanze (…) nell’immediatezza di un comportamento dannoso tenuto dal cane”. Nessuna azione “premeditata”, quindi “né animata dalla diretta volontà di ledere l’animale” e nemmeno “sevizie” o “crudeltà” e in più per il giudice il cane non ha “riportato lesioni gravi”. Anche se è vero, scrive il magistrato, che la “questione” poteva essere “risolta” con il proprietario del bassotto senza “la necessità di adoperare violenza contro l’animale”.