Fa discutere la pubblicazione sul New York Times del “coccodrillo” di un cane. Oggi, nelle pagine degli “obit” (obituaries, lunghi necrologi scritti dai redattori in forma di articolo che in Italia, invece, sono chiamati in gergo giornalistico “coccodrilli”), la psicologa Alexandra Horowitz ricorda il suo cane Finnegan, “un cane noto per il suo olfatto esemplare”. La Horowitz è conosciuta per i suoi studi sulla mente e sul fiuto dei cani (è titolare di un Dog Cognition Lab al Barnard College, il braccio femminile della Columbia University), raccontati nei libri “Come pensa il tuo cane”, “Una questione di naso” e altri ancora. “Loro, come noi, hanno vite che meritano di essere ricordate”, ha scritto la padrona. E, in memoria di Finnegan, morto a fine gennaio a New York a 14 anni – mentre sabato scorso è scomparso anche Upton, l’altro cane di casa -, la Horowitz ne approfitta per farsi paladina di una causa. “La sezione Obit non pubblica ritratti di animali a dispetto del fatto che un necrologio è la commemorazione di una vita e anche gli animali hanno vite”, scrive la psicologa canina, e cita l’opinione di William McDonald, il responsabile degli obit, secondo cui “sarebbe incongruo vedere la storia di un animale accanto a quella di uomini e donne che hanno vissuto vite esemplari”. Questa è una “assurdità” che la Horowitz vorrebbe corretta: “Nel 18esimo secolo la parola ‘obituary’ era applicata a qualsiasi morte. I giornali dell’Ottocento erano pieni di necrologi di cani”.
Finnegan, 2007-2022
we have lost this magnificent character, snuffler of faces, licker of toes. and now I am lost. pic.twitter.com/X3uzCJdsjE— Alexandra Horowitz (@DogUmwelt) January 25, 2022
IL BOOM DELLA PET ECONOMY TRASCINA ANCHE I VALORI CULTURALI
Anche il New York Times ne ha pubblicati tanti, come notizie però, anche se nel formato sempre più simili all’obit di una persona, con l’età, causa della morte, breve biografia e i motivi della fama: come per Gus, l’orso di Central Park o Laika, la prima cagnolina a volare nello spazio. “La realtà – commenta la Horowitz – è che, nell’esaltare l’importanza della vita umana sopra quella degli altri animali, l’obit di un cane ai più sembra grottesco”. Possono cambiare le cose? Sembrerebbe di sì. L’opinione della psicologa dopo tutto è stata pubblicata con ampio risalto, accanto a quelle sull’Ucraina e la politica interna a stelle e strisce. Il terreno è fertile in un momento in cui la ‘pet economy’ sta attraversando un boom. Negli Usa sei famiglie su dieci hanno un animale da compagnia, ma il Covid ha accelerato il fenomeno, le adozioni sono raddoppiate e i prezzi dei cuccioli da allevamento è alle stelle a causa della richiesta del mercato. I millennials coccolano i loro pets come bambini e spendono su di loro una parte crescente dei loro guadagni. Ed ecco dunque perchè il ricordo di Finnegan, che veniva riconosciuto per strada come una star dopo essere apparso in trasmissioni televisive, secondo la Horowitz non dovrebbe apparire una stranezza: “Gli obit indicizzano i valori della nostra cultura, e in questa cultura abbiamo sempre più imparato a valorizzare la vita non umana”. (nella foto in alto Finnegan, protagonista della copertina di uno dei libri della Horowitz, nella foto sotto tra Finn e Upton)
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