AGGIORNAMENTO DEL 27 GENNAIO 2022 – PESTE SUINA, PER L’APPENNINO “UN DANNO ENORME”
Nell’enorme area a cavallo tra Piemonte e gli Appennini, chiusa in un nuovo lockdown di fatto per la Peste suina africana, la speranza è che, con l’arrivo della primavera, le rigide norme disposte da ministeri e Regioni per fermare l’epidemia possano venire allentare. Altrimenti, sarà un disastro per l’economia locale. “Siamo in pieno inverno ed è tutto fermo, certe limitazioni possiamo sopportarle, ma sarà ben diverso dalla fine di febbraio, quando deve partire la nuova stagione, che da queste parti punta tutto sulle attività all’aperto, nella natura”, spiega all’ANSA Marco, titolare con la moglie Luciana, dell’agriturismo Foresteria La Merlina, un massimo di 30 coperti e 4 camere per gli ospiti, a Dernice, a cavallo tra le valli appenniniche alessandrine Curone e Borbera, nel cuore della zona infetta. “Avevamo 11 maiali allevati allo stato semibrado e i veterinari dell’Asl hanno pianificato la loro sorte. Dobbiamo macellarli tutti, in 15 giorni. E poi dovremo aspettare quasi 6 mesi per averne degli altri”. Da quei suini si ottiene un pregiato salame che fa parte, come quello di un’altra ventina di produttori, del Consorzio del Salame Nobile del Giarolo. Sulle cause dell’epidemia di Peste suina africana, il titolare dell’agriturismo non ha dubbi: “E’ stato permesso ai cinghiali di proliferare, senza nessun intervento. Da anni se ne incontrano a frotte, dappertutto. Il rischio dell’arrivo di questo virus era noto ma non si è fatto niente per prevenirlo, e adesso ci si trova a rincorrere una soluzione difficile. Tulle le nostre attività rischiano un lungo blocco totale, ma in queste valli impedire l’escursionismo e la mountain bike, le passeggiate nel bosco e le altre attività all’aperto, significa un blocco totale. Qui si metteva in pratica il turismo ‘lento’ e sicuro, lontano dagli affollamenti, proprio la strada che era stata indicata per il dopo-pandemia Covid. Il danno può essere enorme”. I paesi appenninici dell’Alessandrino si ritrovano ad avere paura di un nuovo periodo buio. “Speriamo – conclude il titolare dell’agriturismo di Dernice – che le norme così rigide dettate dall’emergenza possano, con buon senso e usando tutte le precauzioni possibili, possano essere alleggerite, per consentire la ripartenza delle nostre attività”. (Ansa)
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AGGIORNAMENTO DEL 26 GENNAIO 2022 – IL LUPO PUO’ CONTENERE L’EPIDEMIA
Il lupo può essere un alleato nel contrasto della Peste suina africana: se si ciba di carni di animali infetti, il virus muore nel suo intestino. E’ una delle informazioni contenute nell’articolo pubblicato sull’ultimo numero di ‘Piemonte Parchi’, il periodico online di divulgazione scientifica delle aree protette della Regione. “Uno studio condotto analizzando campioni di feci nelle aree della Polonia – si legge nel servizio – riporta la conclusione che quando i lupi consumano carne di cinghiale positivo per PSA, il virus non sopravvive al passaggio attraverso il tratto intestinale. Inoltre, i lupi possono limitare la trasmissione rimuovendo le carogne infettive”. Il focus di ‘Piemonte Parchi’ ricorda che la Peste suina africana non è una zoonosi, quindi non si trasmette agli uomini, ma è letale quasi al 100% per i cinghiali e i suini, e la morte arriva dopo 3-7 giorni, al massimo 10, dalla comparsa dei sintomi. L’onda epidemica ha una velocità stimata tra i 20 e i 40 chilometri all’anno. Inoltre, non esiste al momento cura e la ricerca per creare un vaccino si scontra con il fatto che il virus “non sembra scatenare l’attività anticorpale”. La Peste suina africana si diffonde per contatto diretto tra gli animali, ma può essere portata anche dagli uomini, attraverso veicoli, abbigliamento, resti di cibo e attrezzature. E’ indispensabile fermarne la diffusione perché minaccia il comparto degli allevamenti suinicoli che in Italia vale 3 miliardi di euro (il 5,7% dell’intera agricoltura, il 20% della zootecnia) ai quali se ne aggiungono altri 8 della salumeria, con le sue 21 dop e 20 igp.
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AGGIORNAMENTO DEL 22 GENNAIO 2022 – ZONA DI CONTROLLO ESTESA A COMUNI DI ASTI E CUNEO
Nuova ordinanza della Regione Piemonte per contenere il focolaio di peste suina che ha già coinvolto una quindicina di cinghiali, tra Piemonte e Liguria, e costituisce una grave minaccia per gli allevamenti di suini e per tutta la filiera collegata. L’ha firmata il vicepresidente Fabio Carosso e sarà in vigore da lunedì 24 gennaio. Il nuovo provvedimento prevede l’estensione geografica della zona di controllo dell’infezione ai Comuni compresi nel raggio di 10 km dalla zona infetta e interessa comuni delle province di Asti, Cuneo ed altri di Alessandria che erano al di fuori dell’ara ‘rossa’ di 114 Comuni (78 nell’Alessandrino, 36 in Liguria). Nel territorio di questi Comuni viene disposto “il divieto di qualsiasi tipo di attività venatoria e di gestione faunistica e la regolamentazione dell’attività agro-silvo-pastorale che deve essere sottoposta al preventivo parere positivo del Servizio Veterinario della ASL competente per territorio”. Le misure “saranno aggiornate in funzione dell’evolversi della situazione epidemiologica. L’ordinanza resterà comunque in vigore fino al 30 aprile 2022”. (Ansa)
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ALTRI AGGIORNAMENTI IN CODA
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POST DEL 17 GENNAIO 2022
Si stima che siano tra 16mila e 20mila i cinghiali a rischio peste suina africana nei 114 Comuni lungo lo spartiacque appenninico tra Liguria e Piemonte in cui un’ordinanza ministeriale ha vietato per sei mesi le attività di trekking, mountain bike, raccolta funghi, caccia e pesca, “bisogna evitare che il virus faccia il salto dal selvatico all’allevamento suinicolo, un settore da 100mila occupati in Italia, che vale dai 7 ai 9 miliardi euro”. Lo spiegano il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, il direttore dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Angelo Ferrari e il responsabile del servizio veterinario di Alisa Roberto Moschi, al termine di un tavolo di confronto con il sindaco della Città metropolitana Marco Bucci annunciando una prossima ordinanza regionale con la quale si fornisce a cittadini e sindaci un vademecum su ciò che si può fare o meno.
MERCOLEDI’ ARRIVA L’ORDINANZA: SPIEGHERA’ COSA SI PUO’ FARE E COSA NO
Sono 36 i Comuni liguri coinvolti dall’ordinanza ministeriale in un territorio che va da Albissola a Recco, Genova compresa. E altri 78 nel confinante Piemonte, dove proprio nei boschi di Ovada, nell’alessandrino, è stato individuato il primo caso. “Entro un paio di settimane i ministeri della Salute e delle Politiche agricole ridisegneranno l’ordinanza sia per quanto riguarda il perimetro sia eventuali deroghe – spiega Toti -. Mercoledì 19 gennaio la Regione Liguria varerà un’ordinanza regionale al fine di dare ai cittadini e ai sindaci un vademecum su ciò che si può fare o meno. Non si può escludere che un cinghiale infetto possa accedere a luoghi non interdetti. Entro tre settimane sarà completato il piano di monitoraggio ivi compreso un piano di abbattimento selettivo dei capi, che dovrà poi essere autorizzato dalla Comunità europea e dal Governo – è la road map illustrata dal presidente Toti -. Abbiamo già chiesto al Governo una serie di risarcimenti per le attività colpite dai divieti posti in essere”. (nelle foto Luca Zennaro/Ansa cinghiali nel letto del torrente Bisagno, nel centro di Genova)
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AGGIORNAMENTO DEL 18 GENNAIO 2022 – LA PRIORITA’ E’ IMPEDIRE CHE PASSI DAI SELVATICI AI SUINI DOMESTICI
“È difficile al momento definire il potenziale impatto economico dell’insorgenza dei recenti casi di peste suina africana (Psa) e delle misure per porla sotto controllo. Se la malattia sconfinasse dalle specie selvatiche a quelle domestiche, questo implicherebbe una gravità notevolmente superiore. Quindi ogni sforzo va dispiegato per impedire la migrazione dal selvatico al domestico perché questo implicherebbe poi da altri Paesi il blocco assoluto dell’import made in Italy”. Lo ha detto Pierdavide Lecchini, direttore generale della Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del ministero della Salute in audizione alla Commissione Igiene e Sanità del Senato. Una questione che comunque rimane limitata alle varietà suine: “Non ci sono studi scientifici – ha precisato Lecchini – che documentino la trasmissibilità della Psa a altre specie. Quindi possiamo escludere casi di spillover nell’uomo e anche in altre specie non suine”. Secondo il dg Lecchini “l’emergenza sarà lunga, ma non è prevedibile quanto lunga. Il Belgio, che ha una conformazione geografica diversa dalla nostra, peraltro migliore per la cerca e cattura di eventuali esemplari positivi, ha già eradicato la malattia. In Sardegna il virus non è più presente nella popolazione selvatica da circa due anni, e soprattutto non è presente negli animali domestici da più di quattro anni. Ci aspettiamo – ha detto – che la situazione sarda migliori ulteriormente, scongiurando sconfinamenti del virus di tipo 2, quello continentale. Le misure attuate in Sardegna hanno comprovato di aver prodotto effetti migliorativi, come riconosciuto anche in sede europea. Nel frattempo riprendere le iniziative legislative servirebbe per dare coordinamento alle attività di intelligence. Attualmente c’è l’Unità centrale di crisi che prevede la partecipazione di una serie di attori da diverse amministrazioni che nell’insieme costituiscono la cabina di regia per attuare le misure di contenimento della Psa”. (Ansa)
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AGGIORNAMENTO DEL 18 GENNAIO 2022 – SARANNO ABBATTUTI I MAIALI DELL’UNICO ALLEVAMENTO DOMESTICO LIGURE
“La carne suina ovviamente non è un mercato dominante in Liguria, come è noto non vi sono allevamenti intensivi. Vi è solo un allevamento domestico, che almeno nelle aree di contenimento certamente andrà abbattuto e indennizzato”. Lo ha detto il governatore della Liguria Giovanni Toti aggiornando il Consiglio regionale sul cluster di peste suina tra i cinghiali individuato lungo lo spartiacque appenninico tra Liguria e Piemonte, che ha portato un’ordinanza ministeriale a vietare per sei mesi in 114 Comuni le attività di trekking, mountain bike, raccolta funghi, caccia e pesca. L’obiettivo è impedire il salto dal selvatico all’allevamento suinicolo. Entro oggi è previsto un aggiornamento del numero di capi contagiati in Liguria e Piemonte. “L’ultimo focolaio di peste suina africana in un Paese dell’Europa continentale – ha detto Toti – è durato un paio d’anni in Belgio, pare trasmesso da alcuni panini con insaccati gettati da militari Nato dopo il ritorno da un’esercitazione in Polonia. Per contenere un focolaio la Cina nel 2017 ha abbattuto 300 milioni di capi nel suo territorio. Occorre chiarire – ha specificato Toti – che la peste suina non è una malattia trasmissibile all’uomo, non incide sull’uomo né dal punto di vista dell’infezione né tantomeno dal punto di vista alimentare. Le carcasse contagiate vanno distrutte per non far circolare un virus che ha una resistenza temporale e una stabilità ambientale molto potente”. Infine, il governatore ha sottolineato che “al momento “Svizzera e Cina hanno chiuso l’export di carne suina italiana, ma nessun Paese della Comunità europea ha introdotto limitazioni viste le attività di monitoraggio intraprese”.
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AGGIORNAMENTO DEL 19 GENNAIO 2022 – LE NUOVE MISURE PER FERMARE IL FOCOLAIO
Ulteriori misure stringenti per fermare il focolaio di peste suina africana riscontrato in alcuni cinghiali tra Piemonte e Liguria. Le disposizioni del ministero della Salute per l’area infetta (78 Comuni in Piemonte e 36 in Liguria) prevedono, tra l’altro, la macellazione immediata di suini e i divieti di ripopolamento per 6 mesi e di movimentare carni fresche e sottoprodotti al di fuori dell’area ‘rossa’. Il documento segue di sei giorni l’ordinanza del 13 gennaio firmata dal ministero della Salute d”intesa con il Mipaaf che vieta l’attività venatoria, la cerca di funghi e tartufi, il trekking, il mountain bike, per 6 mesi. Il nuovo documento, un decreto direttoriale, oltre a ribadire il divieto di attività venatoria, stabilisce, per la zona infetta, regole per la ricerca attiva e la gestione delle carcasse di suini selvatici, a partire dalle zone immediatamente esterne ai confini della zona infetta. Per i suini in allevamento, inclusi i cinghiali, è disposto il censimento di tutti gli stabilimenti, la macellazione immediata dei suini detenuti in allevamenti bradi e semibradi e allevamenti misti che detengono suini, cinghiali e i loro meticci e negli allevamenti di tipo familiare, il divieto di ripopolamento per 6 mesi. Il decreto impone regole anche per un’area entro i 10 km dai confini della zona infetta: rafforzamento della sorveglianza, regolamentazione della caccia e delle altre attività di natura agro-silvo pastorale limitando al massimo il disturbo ai suini selvatici con l’obiettivo di ridurne la mobilità, il censimento di tutti gli stabilimenti che detengono suini, l’adozione di misure di biosicurezza rafforzate. Altre precauzioni riguardano l’intero territorio nazionale: censimento di tutti gli stabilimenti che detengono suini, verifica dei livelli di biosicurezza degli allevamenti, obbligo di recinzione degli allevamenti della tipologia ‘semibrado’. (Ansa)
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AGGIORNAMENTO DEL 19 GENNAIO 2022 – ALTRE 7 CARCASSE POSITIVE TROVATE IN PIEMONTE
Sono salite da 8 a 15 le carcasse di cinghiali positive al virus della peste suina africana individuate lungo lo spartiacque appenninico tra Liguria e Piemonte. Lo comunicano il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, il vicepresidente e assessore regionale all’Entroterra Alessandro Piana, il direttore dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Angelo Ferrari e il responsabile del servizio veterinario di Alisa Roberto Moschi a margine della presentazione dell’ordinanza regionale per contenere la pandemia. Tutti i nuovi casi sono stati individuati nei boschi in provincia di Alessandria. In Piemonte i casi accertati sono 12 e tre in Liguria. E’ in corso una prima giornata organizzata di ricerca delle carcasse nei boschi liguri nell’area rossa tra le province di Genova e Savona, una seconda avverrà domenica. Le analisi sul sequenziamento del virus hanno individuato in Georgia l’origine del virus. (Ansa)
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