Chi, dopo essersi separato, affida il cane di famiglia all’ex coniuge, pur conoscendone l’avversione, risponde alla pari dell’eventuale abbandono dell’animale in quanto ne ha consapevolmente accettato il rischio. Ad affermarlo è la Cassazione dichiarando inammissibile il ricorso di un uomo condannato con la ex moglie a pagare 700 euro ciascuno di ammenda per abbandono di animali. Nel caso di specie, la donna che aveva ricevuto il cane in affidamento per una ventina di giorni, trascorsa poco più di una settimana di convivenza con l’animale, decideva di disfarsene lasciandolo legato di fronte a un presidio sanitario, venendo poi rintracciata attraverso il microchip. Per la Suprema corte sussiste nella fattispecie il reato di abbandono, che si configura ogni qual volta vi sia “interruzione della relazione di custodia e di cura” con l’animale, “a prescindere dalla verificazione di eventi ulteriori quali le sofferenze o la morte”. Del reato, inoltre, risponde a titolo di “dolo eventuale” anche l’ex marito, consapevole del possibile abbandono dell’animale da parte della ex moglie. Corte di cassazione – Sezione III penale – Sentenza 20 febbraio 2020 n. 6609 (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)
– Febbraio 2019 – Separazione, il giudice affida il cane a entrambi i coniugi (ma il gatto no)