Uccisi a colpi d’arma da fuoco, catturati con le reti o incollati ai rami: sono 25 milioni gli uccelli selvatici uccisi illegalmente ogni anno nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo con l’Italia, che registra fino a 8 milioni di vittime tra passeriformi e grandi rapaci, ai primissimi posti della triste classifica. Lo afferma il nuovo report The Killing presentato alla Birdfair 2015, in Inghilterra, da BirdLife International, un report realizzato con i partner dell’area mediterranea compresa Lipu-BirdLife Italia. Per la prima volta su vasta scala, BirdLife ha così potuto effettuare delle stime del numero di uccisioni illegali effettuate nei singoli Paesi. Va considerato, inoltre, che alcuni di questi uccelli sono a rischio estinzione, ne abbiamo parlato qui. E che esiste un mercato per i rapaci catturati illegalmente, di cui abbiamo parlato qui, illustrando un progetto Life che vede coinvolti Wwf, Lipu, Cfs, Gruppo Tutela rapaci e il Grefa (Grupo de Rehabilitacion de la Fauna Autoctona y su Habitat) spagnolo in Sicilia.
I dati del report di BirdLife – si legge in una nota – rivelano una vera e propria minaccia per la biodiversità: l’80% delle uccisioni stimate (pari a 20 milioni di uccelli in totale) si concentrano in 10 Paesi. Al primo posto l’Egitto (5,7 milioni), segue l’Italia, con 5,6 milioni in media di uccelli uccisi (il numero è compreso tra 3,4 e 8,4 milioni), poi Siria (3,9), Libano (2,6), Cipro (2,3). Chiudono la classifica la Grecia (700mila uccelli uccisi ogni anno), la Francia, la Croazia e la Libia (500mila ciascuno), l’Albania (300mila).
Tra i metodi utilizzati ci sono gli abbattimenti con armi da fuoco, la cattura con le reti, la colla sui rami e l’utilizzo di suoni registrati per attrarre gli uccelli nei luoghi attrezzati con trappole illegali. Tra le vittime più frequenti dell’illegal killing nel Mediterraneo compaiono il fringuello (2,9 milioni di esemplari uccisi ogni anno), la capinera (1,8 milioni), la quaglia (1,6 milioni) e il tordo bottaccio (1,2 milioni), oltre a specie classificate come `Vulnerabili´ dalla Lista rossa come il chiurlo maggiore. In Spagna e in Italia tra le specie minacciate che risultano vittime della caccia illegale ci sono il capovaccaio e il nibbio reale, oltre che l’aquila imperiale spagnola (in Spagna) e l’anatra marmorizzata (in Italia). Parlando di singole aree, la peggiore per illegal killing risulta essere Famagosta, a Cipro (690mila uccelli uccisi), mentre Malta presenta il maggior numero di uccisioni per chilometro quadrato.
I dati sull’Italia, anticipati in sintesi dalla Lipu lo scorso 21 maggio a Roma in occasione del convegno sul progetto Life sul bracconaggio Safe Haven for Wild Birds, parlano di una strage di fringuelli (tra i due e i tre milioni), pispole (500-900mila esemplari), pettirossi (300-600mila), frosoni (200mila-1 milione) e storni (100-500mila). Le specie minacciate di estinzione più colpite dalla caccia illegale nel nostro Paese sono l’anatra marmorizzata, da 1 a 5 esemplari colpiti (pari al 50% della popolazione nidificante), il nibbio reale, da 50 a 150 esemplari coinvolti (30%) e il capovaccaio, tra 1 e 5 esemplari colpiti (20%).
“Il report mostra la terribile entità del fenomeno illegal killing nel Mediterraneo – sottolinea Patricia Zurita, direttore generale BirdLife International – Le popolazioni di alcune specie che un tempo erano abbondanti in Europa sono ora in declino, con numeri persino in caduta libera”. Per Claudio Celada, direttore Conservazione natura Lipu-BirdLife Italia, “gli uccelli selvatici, un immenso patrimonio di tutti e che non conosce confini nazionali o internazionali si meritano delle rotte migratorie, dette flyways, più sicure. Chiediamo dunque che l’Europa e l’Italia, quest’ultima in particolare con un Piano antibracconaggio nazionale e un inasprimento delle norme, incrementino gli sforzi per la conservazione e la condanna delle illegalità, prima che sia troppo tardi”. (Kronos)