Un mese di fermo pesca dallo Ionio al Tirreno (e per altri 7 giorni in Adriatico)

Da domani, lunedì 5 settembre, scatta il fermo pesca che porta al blocco delle attività della flotta italiana dallo Ionio al Tirreno, nel tratto di costa che va da Brindisi, in Puglia, fino a Napoli e Gaeta, in Campania e Lazio, interessando anche Basilicata e Calabria. Il blocco durerà fino al 4 ottobre e va ad aggiungersi a quello già attivo in tutto l’Adriatico – da Trieste a Bari – dove le attività verranno riprese in alcuni tratti del litorale solo l’11 settembre. Il fermo pesca è un provvedimento legislativo del Governo italiano che principalmente si propone di tutelare le specie marine più commercializzate, favorendone la riproduzione naturale. Le imprese del settore associate a Coldiretti Impresapesca si lamentano poiché il blocco dell’attività va a sommarsi al caro carburanti legato alla guerra in Ucraina, con il prezzo medio del gasolio per la pesca praticamente raddoppiato rispetto allo scorso anno. Questo favorirebbe le importazioni di pesce straniero, considerato che fino ad oltre la metà dei costi che le aziende ittiche devono sostenere è rappresentata proprio dal carburante.

COLDIRETTI: DOPO 35 ANNI DI FERMO PESCA QUALI SONO I RISULTATI OTTENUTI?

Pesano anche il numero ridotto di giornate di attività, poco più di 120 l’anno, deciso dall’Ue e gli effetti della siccità sulla salinità dell’Adriatico che ha penalizzato la produzione di cozze, vongole e acquacoltura nel Delta del Po. L’associazione si chiede anche perchè, dopo 35 anni di fermo pesca, per alcune specie lo stato delle risorse è progressivamente peggiorato mentre la Flotta Italia si è ridotta ad appena 12mila unità. Nonostante l’interruzione dell’attività nelle regioni interessate – conclude Coldiretti Impresapesca – sarà comunque possibile trovare prodotto italiano, dal pesce azzurro come le alici e la sarde, al pesce spada, dalle vongole e cozze provenienti dalla barche della piccola pesca e dall’acquacoltura, che assicura anche orate e spigole. Il consiglio è dunque quello di verificare bene le informazioni in etichetta sui banchi di pescherie e supermercati, ma per assicurare reale trasparenza occorrerebbe arrivare all’etichettatura obbligatoria dell’origine anche al ristorante.

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