Un coro unanime di animalisti chiede al Governo e alle Regioni di fermare la caccia durante l’emergenza sanitaria in corso. Pur ricorrendo a due iniziative distinte – una di Enpa, Lac, Lav, Lipu e Wwf Italia e l’altra di una trentina di ong: Animal Aid Italia, Animaliberaction, Animalisti Italiani, Animalisti Genovesi, Animali Liberi, Avi Associazione Vegani Italiani, Avi odv Lazio, Iene Vegane, Comitato Tutela Diritti Animali CTDA, Coordinamento Animali, Fronte Vegano, Fronte Vegano Rinascita Animalista, Lac Umbria, Lac Toscana, Lac Marche, Lav, Le Ali della Libertà, Limav odv Italia, Mac Movimento Anti Caccia, Maurizio Spinucci, Massimo Wertmuller, Meta, Comitato Uniti per Loro, Oipa, Paolo Bernini, Partito Politico Ora rispetto per tutti gli Animali, Piccolo Santuario Pai, Rifugio Italia Kj2 Andrea Cisternino, Task Force Animalista e Zampette Felici Onlus – tutti gli attivisti per i diritti degli animali si aspettano che ai cacciatori sia impedito da subito di ritrovarsi per sparare, in particolare per “braccate” al cinghiale che raggruppano anche diverse decine di partecipanti.
ENPA, LAC, LAV, LIPU E WWF ITALIA
Le associazioni animaliste Enpa, Lac, Lav, Lipu e Wwf Italia segnalano in un comunicato congiunto “il grave problema del dilagare dell’attività venatoria anche nelle zone rosse e arancioni, nonostante i divieti e le prescrizioni imposte dal più recente Dpcm, e dal comune buon senso e responsabilità, in merito alle numerose, ed inaccettabili, deroghe per poter esercitare la caccia in ogni sua forma e senza limiti, compresa quella, particolarmente pericolosa per la diffusione del Covid-19, in forma collettiva come braccata e girata al cinghiale”. Le associazioni precisano che “il problema è stato sollevato in una puntuale e dettagliata interrogazione presentata della Senatrice Loredana De Petris” di Liberi e Uguali. “Con il pretesto del controllo numerico del cinghiale – ha scritto la parlamentare -, alcune Regioni, sollecitate dalle associazioni venatorie, che chiedono di poter sparare come se non vi fosse una emergenza sanitaria in corso, stanno interpellando i Prefetti al fine – in alcuni casi incredibilmente ottenuto – di autorizzare braccate e girate, che creano consistenti assembramenti di decine persone in luoghi remoti, non controllati, spesso con ultrasessantenni particolarmente “sensibili” ai contagi. Persone che torneranno a casa, in famiglia e tra gli amici, con elevato rischio di diffusione del virus”. Le associazioni animaliste chiedono “alle Regioni e ai Prefetti il rispetto dei Dpcm, dei cittadini e della comunità scientifica, che ha già sottolineato la pericolosità di inutili assembramenti. Chiediamo a nome di milioni di italiani che il Governo, e in particolare i Ministri interrogati, intervengano al più presto”.
L’APPELLO DI UNA TRENTINA DI ASSOCIAZIONI
Un secondo appello è arrivato sul tavolo del Governo da parte di una trentina di associazioni. Nel documento si premettono una serie di considerazioni che conducono alla conclusione di fermare “immediatamente tutte le attività venatorie nelle 20 regioni italiane e nelle due Province autonome”. I ministri competenti, secondo la lettera, prima di decidere dovrebbero considerare tra l’altro l’emergenza sanitaria da Covid-19, l’età elevata dei cacciatori e l’alto numero di partecipanti alle “braccate” – anche oltre 60 doppiette -, le successive attività di macellazione al chiuso connesse e il rischio di incidenti di caccia che potrebbero sovraccaricare gli ospedali. Inoltre si ricorda che “si stanno chiedendo sacrifici a tutti, vietando ogni tipo di spostamento non necessario” forse anche a Natale, che a molti viene consigliato di camminare in solitaria nei boschi (esponendoli al rischio di essere colpiti per errore) e anche che, “con l’entrata in vigore del lockdown, in Francia sono già state sospese tutte le forme di caccia”. La richiesta di sospensione immediata di tutte le attività venatorie in Italia vale, per le ong di animalisti, “a prescindere dall’indice di rischiosità rilevato e quindi indipendentemente dall’appartenenza politica di ciascun territorio, sospensione che dovrà restare attiva fino alla definitiva cessazione dell’emergenza Sars-COV-2. Alla luce di quanto sopra esposto, riteniamo tale provvedimento un obbligo morale, politico e sanitario a cui le autorità non possono sottrarsi; un’indifferenza che esporrebbe l’intera popolazione a un concreto rischio di ulteriore diffusione del contagio da Covid-19, in contrasto con le principali norme di tutela della salute pubblica. Un comportamento in cui si potrebbe ipotizzare il reato di epidemia colposa, come previsto dall’Art. 438 del Codice penale. Si coglie inoltre l’occasione per invitare le regioni ad aumentare le attività di controllo faunistico, onde evitare l’aumento di azioni di ‘bracconaggio’, soprattutto nelle ore notturne di ‘confinamento’.”