Uomo trascina il cane in auto, avvocatesse minacciate di morte

Insulti sessisti e minacce di morte alle due avvocatesse di Agrigento che hanno assunto la difesa di un uomo di Priolo (Sr) accusato di avere ucciso un cane trascinandolo con l’auto. L’imprenditore 60enne, indagato dalla procura di Siracusa, si è giustificato dicendo di non averlo fatto in maniera volontaria e di avere messo in azione l’autovettura senza ricordarsi che aveva legato il cane per non farlo fuggire. Per Oipa, l’associazione intervenuta in soccorso dell’animale e che ha denunciato i fatti, il cane sarebbe stato trascinato per chilometri, per l’accusato solo per alcuni metri. “Si tratta di un evento – avevano spiegato le due avvocatesse – che per, quanto impressionante anche per le immagini diffuse sul web, non è stato volontariamente posto in essere dal nostro assistito. Il cane infatti non è randagio ma era accudito da circa 15 anni dall’indagato”.

PROCESSO SOMMARIO SUL WEB

Le due penaliste – Donata Posante e Graziella Vella, titolari di uno studio con sede anche a Palermo – hanno ricevuto insulti indirizzati pure ai loro familiari: “Fate questo per i soldi. Il vostro assistito è una m…”,- si legge in uno dei commenti più “gentili”. Il processo sommario sui social prosegue e c’è chi etichetta come “assassine” le avvocatesse o augura loro di fare la stessa fine del cane. “Si tratta di comportamenti di una gravità inaudita che verranno ad uno ad uno denunciati alle autorità ma che non ci fanno desistere. Ricordiamo a tutti quanti lo ignorano che la difesa – hanno spiegato – è un diritto riconosciuto dalla Costituzione che spetta ad ogni individuo”.

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LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI

Secondo l’Organizzazione internazionale protezione animali, il pomeriggio del 7 maggio un giovane, in una stradina di campagna, ha visto una macchina che trascinava un cane legato al paraurti per le zampe anteriori. Fermata l’auto, l’uomo alla guida avrebbe liberato il cane, ormai in fin di vita, gettandolo in un fosso ai margini della strada prima di fuggire. Il referto del veterinario “descrive la sofferenza atroce che ha subìto l’animale prima di morire, dopo due ore dall’arrivo in ambulatorio: zampe e mandibola fratturate, lesioni interne ed esterne, ossa abrase”, scrive l’associazione ricordando che l’uccisione di animali è un reato (art. 544 bis del Codice penale) punito con reclusione fino a due anni. (foto da Oipa)

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