L’impatto della crescente acidificazione degli oceani, dovuto all’aumento dell’anidride carbonica, avrebbe un effetto trascurabile e non causerebbe la comparsa di comportamenti anomali nei pesci delle barriere coralline. A smentire i dati, che erano emersi negli ultimi dieci anni da alcuni studi, è una ricerca australiana pubblicata sulla rivista Nature, dalla Deakin University di Geelong. Il dato di partenza è che entro la fine del secolo il livello di acidificazione degli oceani dovrebbe superare quello che il pianeta ha avuto negli ultimi 30 milioni di anni.
SI IPOTIZZAVA UN IMPATTO SUI COMPORTAMENTI DEI PESCI
Diverse ricerche fatte in questi anni indicavano un possibile effetto di questo fenomeno sulle capacità sensoriali e comportamentali dei pesci delle barriere coralline, ma i risultati non concordavano, anche se specie studiate e metodi usati erano simili. Per questo il gruppo guidato da Timothy Clark e Josefin Sundin, dell’università di Stoccolma, ha messo alla prova la riproducibilità di questi dati in uno studio di tre anni condotto su 900 pesci di sei specie diverse, cresciute sia in natura che in allevamento. In particolare hanno esaminato comportamenti come evitare il predatore, i livelli di attività e la lateralizzazione (la tendenza cioè a favorire un emisfero del cervello durante le attività), scoprendo così che il maggiore livello di acidità dell’acqua non influiva su tali comportamenti.
L’ACIDIFICAZIONE RESTA UN GRANDE PROBLEMA PER I CORALLI
I pesci quindi non cambieranno i loro livelli di attività o capacità di evitare i predatori. Pur trattandosi di una buona notizia, l’acidificazione degli oceani e il riscaldamento globale rimangono comunque il principale problema per le barriere coralline, soprattutto per quegli esseri viventi che dipendono dal carbonato di calcio per formare conchiglie e scheletri, mentre l’aumento delle temperature sta portando allo sbiancamento e morte dei coralli. (Ansa)