“Che occhi grandi che hai, cane”. “E’ per piacerti di più, umano”

È stato l’uomo a selezionare nei cani la capacità di esprimere emozioni con l’espressione degli occhi, attraverso il movimento delle sopracciglia. È quanto emerge dallo studio pubblicato sulla rivista dell’Accademia Nazionale delle Scienze americana (Pnas) dal gruppo dell’Università inglese di Portsmouth, coordinato da Juliane Kaminski. Gli autori della ricerca hanno confrontato la muscolatura facciale di 33 cani domestici con quella di 13 esemplari del suo parente più stretto, il lupo selvatico. Hanno, così, individuato alcune differenze nella muscolatura intorno agli occhi e alle sopracciglia. Movimenti, come sollevare le sopracciglia fino ad assumere una forma quasi ‘a virgola’ tipica di un essere umano quando prova tristezza, che rendono lo sguardo del fedele amico dell’uomo molto espressivo. Per gli autori dello studio, “siamo stati proprio noi esseri umani, a partire dall’addomesticazione del cane più di 33mila anni fa, a indirizzare in qualche modo l’evoluzione della loro espressività nel segno di una maggiore capacità di comunicazione con l’uomo. In questo modo, grazie alle nostre preferenze – hanno concluso gli esperti – abbiamo contribuito in modo indiretto a rendere il loro sguardo particolarmente espressivo”. Conclusioni alle quali era arrivato già Konrad Lorenz negli anni 40. L’etologo e zoologo austriaco, scopritore del fenomeno dell’imprinting nelle oche, teorizzò anche il “Kindchenschema“, cioè quei segnali infantili – testa grossa, occhi grandi, arti corti e altri – che condizionano la percezione di individui adulti nei confronti di cuccioli di altre specie.

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Nel diagramma un confronto tra i muscoli facciali del cane (a sinistra) e del lupo. Lo studio pubblicato oggi suggerisce che nel corso di migliaia di anni di addomesticamento del cane, l’uomo ha preferito animali con lo sguardo da “cucciolo”. Questo ha incoraggiato l’evoluzione dei muscoli facciali che stanno dietro di esso.