Nel mondo si mangia più pesce di allevamento che di cattura. Con 80 milioni di tonnellate, infatti, la produzione nel 2016 ha soddisfatto il 53% della domanda di pesce, fornendo a 3,2 miliardi di persone quasi il 20% delle loro proteine animali. E’ il quadro che emerge dal rapporto Fao, The State of World Fisheries and Aquaculture (Sofia) 2018. Sottolinea come l’acquacoltura continuerà a crescere nei prossimi decenni soprattutto in Africa, anche se ad un ritmo meno sostenuto degli anni scorsi (+5,8% tra il 2010 e il 2016). Stabili, invece, secondo il rapporto sono le quantità di pesce di cattura con 90,9 milioni di tonnellate, in leggero calo di 2 milioni rispetto all’anno precedente.
I CONSUMI PRO-CAPITE OGGI SONO IL DOPPIO CHE NEGLI ANNI ’60
Un settore che nel suo complesso è destinato ancora a crescere: insieme all’allevamento, la produzione entro il 2030 segnerà +18%, raggiungendo 201 milioni di tonnellate dagli attuali 171 milioni. Quanto ai consumi in costante crescita da decenni, oggi sono pari a 20,4 kg pro-capite contro poco meno di 10 kg negli anni ’60 e questo grazie in gran parte all’aumento della produzione da acquacoltura. “La pesca è fondamentale per soddisfare l’obiettivo della Fao di un mondo senza fame e malnutrizione”, dice il direttore generale dell’Agenzia, José Graziano da Silva, nel precisare però che la crescita prevista del settore richiederà uno sforzo di gestione della pesca, la riduzione di perdite e sprechi oggi al 27%. Ma anche una stretta alla pesca illegale e all’inquinamento. Secondo il rapporto, 59,9% delle principali specie di pesci commestibili vengono pescate a livelli biologicamente sostenibili, mentre il 33,1% in modo non sostenibile in particolare nel Mediterraneo e nel Mar Nero con una percentuale del 62,2% di stock sovra-sfruttati.
PER LA FAO CI SONO TROPPE BARCHE E TROPPI POCHI PESCI
Una situazione definita dalla Fao ‘preoccupante’, anche perché quaranta anni fa il rapporto era di 90% per le attività di pesca biologicamente sostenibili a 10% per le non sostenibili. Il problema, spiega la Fao, è che ci sono troppe barche per troppi pochi pesci. Il Wwf ha annunciato una decina di giorni fa, il 9 luglio, il Fish Dependence Day europeo, la fine simbolica per l’Ue delle proprie scorte di pesce. Una data che in Italia era già arrivata il 6 aprile scorso, dando il via libera al solo prodotto importato. E in Europa è arrivato un mese prima rispetto a quanto accadeva nell’anno 2000: fino a trent’anni fa l’Europa riusciva a soddisfare la propria domanda interna con pesca e allevamento locali fino a settembre o ottobre. A preoccupare la Fao, infine, sono anche i cambiamenti climatici e l’inquinamento che potrebbero far calare del 10% le quantità dei pesci di cattura.