Oggi è la Giornata Mondiale delle Tartarughe marine (World Sea Turtle Day), istituita in omaggio del professor Archie Carr, famoso studioso di questi animali, nato il 16 giugno 1909. In occasione della Giornata, il progetto Tartalife per il soccorso delle tartarughe italiane invita cittadini e turisti a visitare i suoi centri di recupero, dove sono già stati curati 1000 animali. Tartalife è finanziato dalla Commissione Europea, dal Ministero delle Politiche Agricole e dalla Regione Marche, ed è attivo nelle 15 regioni italiane che si affacciano sul mare. Partecipano al progetto Cnr (con l’Istituto di Scienze del Mare di Ancona), Consorzio UNIMAR, Provincia di Agrigento, Ente Parco Nazionale dell’Asinara, Fondazione Cetacea, Area Marina Protetta Isole Egadi, Legambiente, Area Marina Protetta Isole Pelagie. “Sono decine di migliaia le tartarughe che ogni anno entrano accidentalmente in contatto con gli attrezzi da pesca nelle acque italiane – si legge in un comunicato di Tartalife -. Molte non sopravvivono. Le aree più a rischio sono l’Adriatico, che rappresenta una fondamentale area di alimentazione, lo Ionio, lo stretto di Sicilia e il basso Tirreno. Altre, pensando che sia cibo, si nutrono di rifiuti di plastica finiti in mare. Cercano spiagge adatte alla nidificazione, ma nel loro percorso rimangono intrappolate in grovigli di rifiuti”. In un recente studio dell’Università di Siena oltre il 70% degli esemplari esaminati aveva ingerito rifiuti plastici. Le tartarughe scambiano buste e frammenti di plastica per meduse, con danni anche molto gravi, perché ingerire plastiche può spingere le tartarughe all’inedia: la plastica nell’organismo può determinare il galleggiamento forzato degli animali, impedendo loro di immergersi, può causare soffocamento o blocco intestinale, oppure può introdurre nell’organismo virus e agenti patogeni. (Ansa)
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