Nasce la prima la prima carta per la tutela delle api. A sottoscriverla presso la Fondazione di ricerca agricola Edmund Mach (Fem) di San Michele all’Adige, in provincia di Trento, esponenti del mondo scientifico e personalità del settore dell’apicoltura e dell’ambientalismo. L’obiettivo dell’iniziativa, finalizzata alla salvaguardia dell’ape da miele, è quello di sottoporre alle amministrazioni politiche l’urgenza di accordare – si legge nel documento siglato – un’adeguata protezione faunistica all’ape mellifica in particolar modo alle sottospecie autoctone. Nell’ufficializzare la carta di tutela la comunità scientifica firmataria sottolinea inoltre che l’ape, gestita dagli apicoltori da molti millenni, svolge un ruolo insostituibile per la conservazione della biodiversità e per la salvaguardia delle produzioni agricole e non deve essere considerata un animale domestico ma un componente fondamentale della fauna selvatica.
LE ISTITUZIONI SCIENTIFICHE PER LA PROTEZIONE DELLA BIODIVERSITA’
Il primo firmatario e presidente di Fem, Andrea Segrè, nel commentare la nascita del documento di tutela dice che “il primo grande risultato della Carta di San Michele all’Adige è aver stimolato la nascita di una rete di istituzioni scientifiche che, in sinergia, hanno redatto un consensus paper su una tematica fondamentale per la protezione della biodiversità. Questo – aggiunge – è il punto imprescindibile di partenza per aprire la sottoscrizione della Carta al mondo civile e politico”.
CRITICA LA FEDERAZIONE DEGLI APICOLTORI ITALIANI FAI, ESCLUSA
Non tutti sono soddisfatti, però. La Fai-Federazione Apicoltori Italiani è critica: “Che l’ape mellifera – commenta il presidente Raffaele Cirone – non sia domestica, né domesticabile, lo sanno persino i bambini, basti pensare all’incontrollabile fenomeno della sciamatura!. Ma che per la salvaguardia delle api italiane la comunità scientifica abbia scelto di scartare proprio le organizzazioni nazionali degli apicoltori lo troviamo un gesto di pessimo gusto, di scarsa lungimiranza e persino in contrasto con la legislazione vigente”. “Se l’Italia vanta un patrimonioapistico di oltre 1 milione di alveari e 50 miliardi di api, lo si deve a generazioni di apicoltori che si sono battuti contro calamità d’ogni genere, compresa l’indifferenza verso questa complicata professione”, contesta Cirone, che ne deduce che “questa sembra più la carta di chi vorrebbe opzionare i ricchi finanziamenti che l’ape, a dispetto dei suoi allevatori ed estimatori, ha convogliato e ancora convoglierà alla ricerca scientifica italiana e internazionale”