In provincia di Reggio Calabria i Carabinieri forestali del Raggruppamento Cites hanno eseguito oggi un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sette persone dai 27 ai 70 anni accusate di appartenere ad un’organizzazione dedita alla cattura ed al commercio, sul territorio nazionale e all’estero, di avifauna selvatica protetta dalla Convenzione di Berna. A carico di un’ottava persona, una donna 59enne, é stato eseguito un obbligo di dimora. Dalle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, é emerso che i destinatari del provvedimento, bracconieri dediti alla cattura indiscriminata di migliaia di volatili in aree boschive della Calabria, avevano organizzato una filiera illegale per il libero commercio degli esemplari vivi, venduti in Italia e all’estero, sviluppando anche autonomi canali di distribuzione di uccellagione morta destinata ai ristoranti del Nord Italia. L’indagine, avviata nel 2016 e realizzata con il supporto, in fase investigativa, del Nipaaf di Reggio Calabria e coadiuvati dai militari del Comando provinciale, del reparto Carabinieri Parco Nazionale “Aspromonte” e del gruppo Carabinieri Forestali, ha stroncato un giro d’affari stimato in un milione di euro all’anno.
“POLENTA E OSEI” PREPARATA CON UCCELLETTI DELL’ASPROMONTE
Secondo quanto emerso dalle indagini, la tipica “polenta e osei” servita nei ristoranti del Veneto e della Lombardia sarebbe preparata con uccellini catturati e uccisi lungo le falde aspromontane. “Quotidianamente – ha sostenuto il comandante regionale dei carabinieri forestali, colonnello Giorgio Maria Borrelli – venivano catturati con le reti dai 300 ai 400 animali, anche durante il periodo della riproduzione. Secondo un calcolo approssimativo, in un solo anno sarebbero stati catturati circa 160 mila capi di avifauna selvatica, con conseguenti inimmaginabili per l’impoverimento delle specie cacciate con gravissime conseguenze di perdita di biodiversità”. Scenario dell’inchiesta era tutto l’areale del bacino idrografico del torrente ‘Catona’, propaggine del versante aspromontano dell’Area dello Stretto di Messina, dove operavano gli arrestati, originari di San Roberto e Fiumara di Muro. Secondo quanto accertato, gli uccelli catturati con le reti, e senza selezione, erano tenuti “in gabbioni e in condizioni insopportabili per le loro condizioni etologiche per poi essere uccisi con crudeltà”, per spezzamento della colonna vertebrale all’altezza del collo.
LA REAZIONE ANIMALISTA DI ENPA…
“In attesa di conoscere le ulteriori determinazioni della magistratura – scrive Enpa dopo essersi complimentata con gli inquirenti – l’operazione di oggi dimostra che i controlli danno risultati straordinari”. Tuttavia, osserva l’associazione, “i controlli da soli non bastano a stroncare l’enorme giro d’affari che spesso si cela dietro i reati di cui sono vittime gli animali, che si tratti di vere organizzazioni a delinquere – le ‘zoomafie’ – o di criminalità non strutturata. Perché l’attività degli investigatori e della magistratura sia ancora più efficace è infatti necessario potenziare gli istituti repressivi”. Per questo Enpa chiede al nuovo Parlamento e al Governo che verrà di inserire nel Codice penale il delitto di uccisione di specie protette.
… DI LEIDAA…
Per Leidaa l’operazione di oggi è “l’ennesima dimostrazione che il traffico di specie protette è una delle voci più importanti dell’economia illegale, anche nel nostro Paese”. La Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente fondata e presieduta da Michela Vittoria Brambilla ritiene poi che “la relativa tenuità delle sanzioni, la sopravvivenza di antiche abitudini e la domanda del ‘mercato’ contribuiscano alla diffusione dei crimini, soprattutto quando sono coinvolte specie protette, e rendono la pratica del bracconaggio particolarmente appetibile per le organizzazioni criminali. Perciò occorre rafforzare le sanzioni”, conclude.
… E DEL CABS
Per il Cabs, l’organizzazione antibracconaggio “Committee Against Bird Slaughter”, “grazie a questa azione sono state cosi sgominate due associazioni di trafficanti che avevano potuto agire indisturbate per anni nei territori della provincia di Reggio Calabria ed in quelle vicine di Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza, realizzando guadagni milionari con i traffici di piccoli uccelli morti che prendevano la via del Nord Italia, alimentando i mercati veneti e lombardi dello ‘spiedo’ e della ‘polenta e osei’. A Malta invece finivano frosoni, fringuelli, fanelli, cardellini e verzellini, sfruttando la grande richiesta di richiami vivi da parte dei trappolatori maltesi, che da anni godono di una caccia in deroga già stigmatizzata dall’Europa e ora finita davanti al Tribunale di Lussemburgo”. “E’ un primo caso in Italia che farà clamore – afferma Alexander Heyd, responsabile del Cabs – finalmente l’arresto di una banda di ‘ladri di natura’ che dimostra quanto da noi osservato da anni e cioé che anche in Italia la cattura e il traffico di uccelli, lungi dall’essere un’attività amatoriale è un vero affare che andrebbe affrontato dalle autorità con uno sguardo severo e con mezzi repressivi più efficaci, a partire dall’inasprimento delle pene”, conclude il Cabs. (foto Ansa)