Tommy e Kiko non vedranno la libertà. Martedì il più alto tribunale dello stato di New York ha respinto l’ultimo appello del Nonhuman Rights Project (“Progetto per i diritti non umani”, un’associazione animalista), che cercava di far trasferire i due scimpanzé in un santuario per porre fine al loro isolamento in gabbia da parte dei proprietari privati, la State University di New York a Stony Brook, che li deteneva per sperimentazioni scientifiche. Confermata la sentenza del giugno 2017, secondo cui gli scimpanzé non sono persone legali e spetta dunque ai legislatori decidere quali diritti meritino, scrive la Reuters. Nonhuman Rights Project pensa l’opposto e per diversi anni ha cercato di persuadere i tribunali a concedere diritti legali agli animali. Dall’Alta corte newyorkese sono comunque arrivate parole confortanti per gli animalisti: la questione se gli animali abbiano diritto all'”habeas corpus” (“che abbia corpo”, un principio giuridico fondamentale che fissa il diritto alla libertà individuale contro l’azione arbitraria dello Stato) tocca un “profondo dilemma etico e politico” che deve essere affrontato, ha scritto il giudice Eugene Fahey. Il 96% di dna che condividono con gli umani e il parere di eminenti primatologi – sul fatto che sappiano riconoscere se stessi, ricordare, pianificare, imitare, esercitare autocontrollo e mostrare compassione e umorismo – “non ci fa dire che sono una persona ma di sicuro non sono semplicemente una cosa”. La NhRP “ringrazia” il giudice Fahey per la disponibilità a vedere gli scimpanzè come “qualcuno” e non come “qualcosa” e annuncia che non smetterà di difendere i diritti dei propri clienti non umani, per vederli finalmente liberi nel santuario di Save the Chimps, il primo per scimpanzé in Nord America. (nella foto sopra, Kiko in gabbia)
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