Il randagismo in Sicilia richiede la dichiarazione dello stato di emergenza, permettendo alle autorità pubbliche, centrali e regionali, di ricorrere ad interventi speciali, misurabili e a termine. E servono norme più stringenti per l’accesso ai veleni. E’ questa la posizione del presidente dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani, Marco Melosi, dopo gli episodi di avvelenamento di cani nel trapanese e nell’agrigentino. Il presidente di Anmvi Sicilia, Pippo Licitra, per denunciare la sordità della politica ricorre a un’iperbole: “La veterinaria siciliana non è disponibile ad utilizzare i razzi della Corea del Nord per farsi ascoltare o per essere invitata ai tavoli decisionali organizzati nei momenti di emergenza”. Ma “più volte – aggiunge -, utilizzando le sale dell’assemblea Regionale, abbiamo rappresentato la difficoltà gestionali del randagismo in Sicilia, si è gridata la necessità di una interlocuzione continua con le parti politiche per affrontare un problema che all’interno della nostra categoria viene vissuto con grande attenzione e preoccupazione. Adesso la politica non scavalchi la nostra categoria per fare largo a chi ha sicuramente maggior peso elettorale, ma non il ruolo specialistico e di presenza territoriale che noi veterinari -con i nostri studi, ambulatori, cliniche e servizio pubblico – rappresentiamo sul territorio”. L’Anmvi, impegnata in programmi di sterilizzazione volontaria dei randagi in varie regioni ad alto tasso di randagismo, chiede un piano ad hoc per la Sicilia: identificazione anagrafica e sterilizzazione programmata sotto una regia veterinaria e di sanità pubblica. (nella foto sopra una guardia zoofila Oipa: l’associazione ha organizzato un presidio domenica 25 Febbraio alle ore 15 in Piazza Scandaliato a Sciacca).
