Si apre un’altra crepa nella tradizione della corrida in Spagna. Le isole Baleari hanno votato ieri il divieto per i matadores di uccidere o infilzare i tori nell’arena, diventando una delle ormai diverse regioni spagnole a criminalizzare un’usanza secolare. Il disegno di legge adottato nel parlamento autonomo di Palma di Maiorca vieta, infatti, la morte del toro nell’anello e rende addirittura illegale che gli animali subiscano danni fisici o psicologici. Le corride saranno limitate ad un massimo di dieci minuti ciascuna, contro i 20/30 minuti che fino a ieri i sei tori, appositiamente allevati, dovevano passare nell’arena con il loro carnefice. Ma a cambiare è soprattutto il gran finale: invece di infilzare il toro tra le scapole con una spada che ne raggiunge il cuore, il matador, secondo le nuove regole, è costretto a “consegnare” l’animale nelle mani di un veterinario che prima lo visita per attestarne la buona salute e poi lo rimanda al ranch dove è stato allevato. Il disegno di legge è stato voluto a sinistra dal Partito socialista (Psoe), da Podemos da altri partiti regionali minori mentre i conservatori del Partito popolare (Pp) e Ciudadanos, contrari, non sono riusciti a fermare il provvedimento. Le Baleari sono la seconda regione spagnola a porre dei limiti alla tradizione della tauromachia. Le Canarie hanno approvato già nel 1991 una legge che protegge i tori, compresa una clausola contro gli abusi di animali nelle corride o nelle fiere. In Catalogna la Corte Costituzionale ha respinto il bando lo scorso ottobre, appellandosi al “patrimonio culturale” protetto dalla legislazione nazionale. Sebbene in Spagna la corrida sia “fiesta nacional” c’è un crescente movimento di protesta per i diritti degli animali che lotta per il divieto totale, con qualche successo. (nelle foto di Francisco Seco/Ap una manifestazione anti-corrida a Madrid e, sotto, una corrida)
