Il lupo italiano? “Una sottospecie unica al mondo”, dice il Wwf nel giorno del Wolf Day

AGGIORNAMENTO DELLE 17 IN CODA

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POST ORIGINALE DELLE 7

Una notizia per combattere le “fake news” quando si parla di lupi. Ora è ufficiale: la popolazione italiana di lupo è una sottospecie unica al mondo, Canis lupus italicus, come aveva già proposto il grande naturalista italiano Giuseppe Altobello nel 1921. A dirlo, una prestigiosa ricerca internazionale. La disinformazione, le fake news, sono invece i luoghi comuni che hanno contribuito a creare un’atmosfera di ostilità nei confronti del lupo, che continua ad essere un grandissimo patrimonio naturale e culturale da tutelare. A farsi paladino della lotta a favore del lupo italico è il Wwf Italia, che promuove per oggi il “Wolf day” e la campagna #SosLupo, per raccogliere fondi per la salvaguardia di questo animale, qui.

LA RICERCA SUL LUPO

In un nuovo studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Plos One, ricercatori di nove Paesi europei hanno cercato di risalire alle origini dell’unicità del lupo italiano, scoprendo qualcosa di inatteso. “Abbiamo studiato la variabilità genetica di centinaia di lupi provenienti da cinque diverse popolazioni europee – spiega Romolo Caniglia, genetista e coordinatore dello studio – e quello che è emerso è chiaro: il lupo italiano è nettamente distinto da tutti gli altri lupi d’Europa e del mondo, sia a livello di cromosomi autosomici, la maggior parte del dna di un individuo, che a livello mitocondriale, ovvero il dna ereditato per via materna”.

UNA RISORSA PER L’AMBIENTE

“Nell’ambiente – spiega l’associazione del panda – il lupo svolge al meglio il suo ruolo di selettore naturale, controllando la dimensione delle popolazioni delle sue prede ed eliminando le carcasse degli animali morti per cause naturali. È un animale con un comportamento sociale complesso e strutturato, dotato di sensi straordinari e grande capacità di spostamento e adattamento. Schivo e intelligente, è difficile da avvistare in natura”. Tante le iniziative programmate dall’associazione per il Wolf Day. Dalla diffusione di news sul simbolo della biodiversità italiana fino alla diretta in streaming con esperti sul lupo dalle 18 alle 19, qui, per parlare delle minacce e dei metodi per una convivenza possibile. Nei cinque video sotto, un po’ di informazioni sul lupo da parte del Wwf e del Centro Recupero, Tutela e Ricerca Fauna Esotica e Selvatica di Monte Adone, Bologna. (per la foto sopra si ringrazia Giancarlo Mancori del Wwf)

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AGGIORNAMENTO DELLE 17 – WWF: SOLO IL 6% DEI LUPI MUORE PER CAUSE NATURALI

Sono gli incidenti stradali (53%) i il bracconaggio (32%) le prime cause di morte dei lupi. Solo il 6% dei decessi infatti è riconducibile a cause naturali. Sono i dati diffusi oggi dal WWf per il Wolf Day che ricorda che il Piano nazionale di gestione del lupo nel quale sono presenti azioni importanti per la tutela del simbolo della biodiversità italiana continua ad essere fermo in Conferenza Stato-Regioni: di qui la richiesta che venga approvato al più presto senza il paragrafo sugli abbattimenti legali, così come indicato dalla quasi totalità delle Regioni. In soli 6 mesi (dal 1 novembre 2016 al 30 aprile 2017) l’ItalianWildWolf, composto da ricercatori, fotografi e appassionati del lupo, ha segnalato 53 carcasse, ma molte di più potrebbero essere quelle mai rinvenute o passate sotto silenzio. E’ infatti più probabile rinvenire una carcassa lungo la strada piuttosto che in un bosco: quindi sia il bracconaggio che le morti naturali potrebbero avere un’incidenza maggiore. Gli episodi di bracconaggio sono stati compiuti con i mezzi più diversi, dalle armi da fuoco a lacci a bocconi avvelenati. Tra le regioni con il numero più elevato di segnalazioni (prevalentemente per incidenti stradali) spunta il Piemonte, in cui il lupo è presente almeno dal 1992 e che rappresenta un corridoio essenziale per la sopravvivenza del lupo sull’Arco alpino. Il WWF ringrazia ItalianWildWolf per il prezioso lavoro, invitando tutti i cittadini a collaborare alla raccolta delle informazioni, ad auspica una maggiore collaborazione tra gli enti preposti, in particolare tra gli Istituti Zooprofilattici, le Regioni, le ASL, i Parchi ed l’ ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).